Pagine

19 giugno 2014

38/14. ADR e modifiche al c.p.c. del 2013, promozione della “fuoriuscita dal processo”: art. 185-bis, giudice come “compositore di controversie” e potere-dovere conciliativo, mediazione, responsabilizzazione degli avvocati (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2014)

=> Trib. Fermo, 21 novembre 2013

La figura del giudice come “compositore di controversie” (tra l’atro una delle opzioni avanzate dalla sociologia sulla “figura del giudice”, ovvero, almeno in civile, un “mediatore di conflitti”) non da ora è nel diritto positivo, e da oggi con chiara scelta legislativa di favor (I) (II). Va tuttavia osservato che, sebbene le caratteristiche del mediatore non sono le caratteristiche del giudice in quanto tale (cioè di chi decide), nessuno dice che il giudice deve fare delle proposte da cui decisamente traspaia come la pensa; ciò è evidente in limine litis, ma anche a fine istruttoria è così (in quanto l’unico vero ostacolo - in cui è in gioco il diritto costituzionale di difesa - è che il giudice, con la sua proposta, non deve spingere la parte che, per motivi psicologici e/o economici , non è in grado di “reggere” i tempi di un processo medio, ad accettare una proposta che le dia molto di meno di quanto le spetta o le imponga molto di più di quanto deve dare).

(I) Si veda, in generale, la tematica “cultura della mediazione” dell’Osservatorio.

(II) Quanto alla proposta conciliativa del giudice ex art. 185-bis c.p.c., la pronuncia parola precisa – tra l’altro – che a seguito dell’ultima novella al codice di rito “sono stati tra l’altro ulteriormente promossi gli istituti finalizzati alla fuoriuscita dal processo”, rispetto ai quali occorre, tra l’altro, sottolineare la presenza dei seguenti dati: 1. riconoscimento ope legis a tutti gli avvocati dell’idoneità ad essere mediatori (“riconoscimento il quale, seppure specificamente previsto con riferimento alla legge speciale sulla cosiddetta media-conciliazione, non può non essere preso come caratteristica della stessa professione di avvocato”); 2. riconoscimento al giudice di un forte potere-dovere conciliativo; 3.libertà/informalità della metodologia con la quale si svolge il tentativo di composizione, con l’unico limite del coinvolgimento paritario delle parti”; 4.tendenziale ricaduta sul regime delle spese in caso di proposta conciliativa fallita”. Da ciò discende – prosegue il giudice – “la necessità, più che la possibilità, di iniziare sistematicamente una conciliazione” secondo le seguenti direttive: 1. responsabilizzazione dei difensori (“che, sia pure su impulso ed indirizzo del giudice, si vedono investiti di una proposta che possono gestire ulteriormente con i loro assistiti, ai fini di una composizione”); 2. “necessità di attivare programmi sistematici di fuoriuscita dal processo nelle controversie di modesto valore” (“controversie di valore inferiore ad euro 10.000, salvo casi particolari da individuare con criteri predeterminati”); 3. “necessità che non si protragga un contenzioso praticamente inutile” (ad esempio in caso di sentenze pilota). Ne deriva: a. la validità della scelta di operare in prima battuta con proposta “transattiva” (“che coinvolga anche la possibilità di comunicazione e colloquio, sul punto, cliente/avvocato”); b.la selettiva scelta di una convocazione e tentativo diretto di conciliazione (eventualmente ma non necessariamente culminante in una specifica proposta) del giudice nei confronti delle parti, previo interrogatorio libero in tutti quei casi in cui il sistema complessivo appare inefficiente o addirittura punitivo nei confronti dell'utente della giustizia”.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2014

Tribunale di Fermo
21 novembre 2013
Ordinanza

…Omissis…

Rilevato che, a seguito dell'ultima novella al c.p.c. , sono stati tra l'altro ulteriormente promossi gli istituti finalizzati alla fuoriuscita dal processo, rispetto ai quali, per quello che qui interessa, occorre sottolineare la presenza dei seguenti dati:
1) riconoscimento ope legis a tutti gli avvocati dell'idoneità ad essere mediatori, riconoscimento il quale, seppure specificamente previsto con riferimento alla legge speciale sulla cosiddetta media-conciliazione, non può non essere preso come caratteristica della stessa professione di avvocato;
2) riconoscimento al giudice di un forte potere-dovere conciliativo, già anticipato, peraltro, da questo stesso giudice in via d'interpretazione sistematica della pregressa norma (v. ad es. ord. 29.3.011 sez. dist. Di S.E. A Mare, in http://www.studiocataldi.it/);
3) libertà/informalità della metodologia con la quale si svolge il tentativo di composizione, con l'unico limite del coinvolgimento paritario delle parti;
4) tendenziale ricaduta sul regime delle spese in caso di proposta conciliativa fallita.

Se questi sono i punti salienti che individuano il nuovo assetto delle possibilità di composizione/conciliazione, ne discende la necessità, più che la possibilità, di iniziare sistematicamente una conciliazione secondo le seguenti direttive.

1) Responsabilizzazione dei difensori che, sia pure su impulso ed indirizzo del giudice, si vedono investiti di una proposta che possono gestire ulteriormente con i loro assistiti, ai fini di una composizione.

2) Necessità di attivare programmi sistematici di fuoriuscita dal processo nelle controversie di modesto valore, inferiore ad euro 10.000, salvo casi particolari da individuare con criteri predeterminati.

3) Necessità che non si protragga un contenzioso praticamente inutile in quanto in tutto o in parte si tratta di questioni "seriali" su cui il giudice si è già pronunciato, magari con sentenze "pilota" (es. , rapporti bancari in materia di anatocismo e cms).

Ne deriva la validità di continuare la scelta, fatta propria da questo giudice nel corso di tutto l'anno 2011 e parte del 2012, di operare in prima battuta con proposta "transattiva", che coinvolga anche la possibilità di comunicazione e colloquio, sul punto, cliente/avvocato . Ne deriva altresì la selettiva scelta di una convocazione e tentativo diretto di conciliazione (eventualmente ma non necessariamente culminante in una specifica proposta) del giudice nei confronti delle parti, previo interrogatorio libero in tutti quei casi in cui il sistema complessivo appare inefficiente o addirittura punitivo nei confronti dell'utente della giustizia: caso classico le divisioni immobiliari, vera e propria iattura per le parti (visto l'obsoleto impianto normativo) le quali non hanno altra colpa che quella di voler dividere un bene comune , ancorché in disaccordo sui criteri di divisione stessa.

Alla luce di quanto sopra, ritiene questo giudice che la presente controversia rientri nel tentativo transattivo di cui all'art. 185 bis c.p.c. , in particolare , essendo ormai pacifica tra gli interpreti la doverosa applicazione a tutti i procedimenti pendenti alla data dell'introduzione del predetto articolo 185 bis delle norme in esso contenute (Trib. Milano, Sez. X, ord. 4.7.2013; Trib. Nocera Inferiore, I Sez. Civile, ord. 27/08/2013; Trib. Milano, sez. IX civ., decr. 26.6.2013; Trib. Roma Sez.XIII, 23.9.2013, tutti provvedimenti reperibili sul web); rimane il contrasto tra gli interpreti e nella giurisprudenza se, attenendosi al dato letterale della novella, la sussistenza di tale potere-dovere sia temporalmente condizionata, per la portata della "...sua interpretazione letterale, in quanto l'espressione "sino a quando è esaurita l'istruzione" indica esplicitamente come limite dell'attività del giudice di formulare i termini della transazione o della conciliazione quello della fase istruttoria; dall'interpretazione logico sistematica, in quanto stabilire il potere dovere del giudice di formulare, non potendo ciò avvenire se non in termini sufficientemente specifici e dettagliati, alle parti una ipotesi conciliativa o transattiva della controversia, in una fase in cui è già chiusa l'attività istruttoria e non resta che rimettere le parti alla decisione, significherebbe imporre al giudice di anticipare esplicitando il contenuto della ipotesi transattiva/conciliativa la sua probabile decisione finale, senza che agli atti possa sopravvenire alcun nuovo elemento istruttorio utilizzabile per la decisione..." . Tanto che il predetto potere si differenzierebbe, nella prospettiva del provvedimento appena richiamato, da quello, il quale pure si ritiene sussistente anche dopo la novella del 2006 che l'avrebbe abrogato, consistente nella possibilità del giudice di far conciliare le parti, fattispecie che per l'appunto si evidenzia quale ipotesi in cui "...il giudice non sia chiamato a farsi promotore del contenuto di una transazione/conciliazione da sottoporre all'accettazione delle parti, ma sia chiamato più semplicemente ad esperire il tentativo di conciliazione ex art 185 cpc, la legge non pone momenti preclusivi, stabilendo che la facoltà del giudice può essere esercitata in qualunque stato e grado del processo, ex art. 117 cpc e art. 185 comma 1 cpc..." (così Trib. Milano, Sez. X, ord. 4.7.2013,cit.), distinzione che peraltro non convince in quanto tende ad operare una rigida differenziazione tra la funzione facilitativa della composizione della lite, priva di una specifica proposta, ed una funzione più specificamente propositiva, differenziazione che non solo non trova, questa sì, corrispondenza del diritto positivo, ma che pone irragionevoli differenziazioni di trattamento nell'ambito dello stesso giudizio ordinario, a seconda che l'istruttoria sia chiusa o meno, ed inoltre si pone in contrasto con la modularità e l'atipicità degli strumenti che appaiono elementi qualificanti, come sopra accennato, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali del processo e dei diritti indefettibili delle parti, del potere-dovere del giudice, il quale tra l'altro, se si aderisse all'interpretazione appena richiamata, nel secondo caso non sarebbe più potere-dovere ma una mera facoltà discrezionale del giudice stesso; peraltro la stessa modularità ed elasticità degli strumenti sembra essere stata bene apprezzata da altro orientamento dei giudici di merito (Trib. Roma Sez. XIII, 23.9.2013, cit.) che nell'ambito di questa modularità tende, in più, a ricomprendere la stessa media-conciliazione delegata dal giudice.

La sostanziale omogeneità strutturale dei vari poteri a disposizione del giudice quale conciliatore - in un'ottica la quale è certamente deflattiva ma appare portatrice di molte altre istanze, negli stessi interessi dei soggetti che contendono nel processo - appare pienamente apprezzabile sol che si pensi che la disposizione ha reintrodotto un obbligo, per il giudice, già previsto dalla precedente formulazione dell'art. 183 c.p.c., prima della riforma del 2005 (entrata in vigore a marzo 2006). La vecchia norma, infatti, disponeva che, in prima udienza di trattazione, il giudice istruttore, interrogate le parti, quando la natura della controversia lo consentiva, tentasse la conciliazione.

Aspetti peculiari di una proposta di composizione della lite che venga ad istruttoria chiusa non possono negarsi, ma ad altri livelli: è evidente che il vantaggio per il sistema e per gli stessi interessati (anche in termine di risparmio sui costi delle spese processuali) è più modesto quando una composizione avviene a ridosso di una sentenza piuttosto che all'inizio della causa. Tuttavia la questione va posta nell'arco dell'intero eventuale giudizio, tenuto conto che l'accordo transattivo o conciliativo ragionevolmente preclude ulteriori gradi di giudizio, che, quanto ai tempi, sono superiori a quelli di primo grado. Inconsistente appare la questione relativa al vulnus della terzietà del giudice, obiezione già battuta in breccia da parecchio avveduti commentatori (il giudice si pronuncia spesso nel merito anche ammettendo le prove, negando o concedendo la provvisoria esecuzione del d.i., ecc.) ma che pure è dura a morire nonostante l’attuale espressa previsione normativa . Piuttosto appare curioso notare che censure uguali e contrarie sono state avanzate proprio sulla proposta in limine litis, in cui il giudice non avrebbe ancora sufficienti elementi , e si affiderebbe solo al suo intuito, con l’alea che ne deriva . Il che equivale a dire che, troppo presto o troppo tardi , è proprio la figura del giudice come "compositore di controversie" che non si accetta (eppure questa è proprio una delle opzioni avanzate dalla sociologia sulla "figura del giudice" , cioè, almeno in civile, un "mediatore di conflitti") ma che non da ora è nel diritto positivo, da oggi con chiara scelta legislativa di favor.

Considerato, infine che, semmai, unica obiezione di spessore, di rilievo pratico è che, una volta che il giudice abbia effettuato una proposta da cui si capisce chiaramente come la pensa, la parte che si sente favorita da questo modo di pensare preferisca aspettare la sentenza piuttosto che adeguarsi alla composizione.

Anche questa osservazione, a ben vedere, denota però una sostanziale superficialità nella conoscenza dei fini e della struttura di una possibile "mediazione dei conflitti".

Innanzitutto chi ha ragione e rifiuti la transazione potrebbe esporsi al rischio di una compensazione delle spese , soprattutto quando, e si tratta della stragrande maggioranza dei casi, chi vince non ottiene quasi mai il 100 % del suo petitum, ma una somma sostanzialmente inferiore ( 90 % o meno ancora).

Poi - e questo è fondamentale per le caratteristiche del mediatore, che non sono le caratteristiche del giudice in quanto tale, cioè di chi decide - nessuno dice che il giudice deve fare delle proposte da cui decisamente traspaia come la pensa. Ciò è evidente in limine litis, ma anche a fine istruttoria è così, in quanto l'unico vero ostacolo - in cui è in gioco il diritto costituzionale di difesa - è che il giudice, con la sua proposta, non deve spingere la parte che, per motivi psicologici e/o economici , non è in grado di “reggere” i tempi di un processo medio, ad accettare una proposta che le dia molto di meno di quanto le spetta o le imponga molto di più di quanto deve dare. E' appena il caso di dire che questo giudice non ha riscontrato ex post, per quanto è stato possibile, nella sua non brevissima sperimentazione della "proposta transattiva", inconvenienti del genere.

Di talché viene fatta alla parti la seguente proposta:
Corresponsione, da parte del convenuto, della somma di euro 5000 omnicomprensiva di quota di spese processuali. Invita le parti a prendere esplicita posizione, anche per il tramite dei loro difensori, sulla proposta di cui sopra, fissando udienza, previa rimessione in istruttoria, al 19.12.013 ore 10.30.

Si comunichi
Fermo lì 21.11.2013. Il Giudice dr. Cesare Marziali


AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.