=> Consiglio di Stato (Sez.
Cons. per gli Atti Normativi), 18 gennaio 2013, n. 161
Il compenso
dell’avvocato per l’assistenza della parte nel procedimento di
mediazione andrebbe modulato (aumentato o diminuito) in
ragione dell’esito della mediazione e del contenuto dell’attività
svolta al fine di favorire il buon esito del procedimento, e non, invece,
(soltanto) aumentato in ragione della mera assistenza nel procedimento di
mediazione.
È questo, in estrema sintesi, quanto rilevato dal Consiglio di Stato
che, di recente, si è espresso in materia di determinazione dei parametri
per la liquidazione dei compensi d’avvocato, con particolare riferimento
all’attività di assistenza della parte al procedimento di mediazione di cui al
D.lgs. n. 28 del 2010.
Il Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi,
si è difatti di recente pronunciato (col parere n. 161/13 in parola) sullo
schema di decreto ministeriale di modifica del decreto del Ministro della
giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (concernente la determinazione dei
parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei
compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della
giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1
convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27).
Rilevano, ai nostri
fini, le considerazioni espresse dal Collegio in tema di attività
stragiudiziale degli avvocati, le quali riguardano anche il procedimento
di mediazione.
Lo schema di decreto
ministeriale, infatti, prevede l'aumento del compenso fino ad un terzo in
favore dell'avvocato che assiste una parte nel procedimento di mediazione (1).
Il Collegio rileva
preliminarmente al riguardo che tale disposizione mira ad “incentivare in modo significativo il ricorso
assistito alla procedura di mediazione” (e, quindi, prosegue il parere
in commento, “in un'ottica deflattiva, a
ridurre l’instaurazione di procedimenti davanti all'organo giurisdizionale,
così ponendosi nel solco della già normata previsione di un aumento del
compenso dell’avvocato in caso di conciliazione”).
Tuttavia, il Consiglio
di Stato osserva che, alla luce della declaratoria di incostituzionalità
dell’obbligatorietà della procedura di mediazione (2), “appare preferibile non far conseguire l’aumento
del compenso solo in ragione dell’assistenza nel procedimento di
mediazione, ma di farlo derivare dall’esito e dal contenuto dell’attività
svolta in tale fase (specie, se si vuole incentivare la finalità deflativa
dell’istituto)”.
Pertanto, propone il
Collegio, in caso di assistenza stragiudiziale nel procedimento di mediazione
di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, il possibile aumento del
compenso può essere previsto “tenuto
conto dell’esito del procedimento e dell’attività svolta dall’avvocato al fine
di favorire il buon esito del procedimento”.
Ciò in quanto ciò che va
premiato (con l’aumento del compenso) non è la mera assistenza al procedimento
di mediazione, ma “l’ausilio ad una
mediazione coronata da buon esito,
o comunque svolta dal professionista con proposte idonee a favorire il buon
esito”.
Sulla base di tali
considerazioni, il Consiglio di Stato osserva inoltre che potrebbe essere
prevista una diminuzione del compenso, “in caso di una assistenza nel procedimento di mediazione non rispondente
a tali principi, anche con riguardo alla mancata accettazione di proposte, poi
risultate coerenti con l’esito del giudizio”.
Fonte: Osservatorio
Mediazione Civile n. 43/2013
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
(Adunanza di Sezione del 20 dicembre 2012)
18 gennaio 2013, n. 161
Parere
OGGETTO: Ministero della
giustizia. Schema di decreto ministeriale concernente: “Regolamento recante
modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140,
concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un
organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate
dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24
gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n.
27.”.
LA SEZIONE
Vista la relazione con
data 3 dicembre 2012 (trasmessa con nota n. 9259.U del 4 dicembre 2012), con la
quale il Ministero della giustizia (Ufficio legislativo) ha chiesto il parere
del Consiglio di Stato sull' affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e
udito il relatore Consigliere Roberto Chieppa;
Premesso
Riferisce l’Amministrazione che il presente decreto ministeriale introduce
modifiche al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140 concernente
la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo
giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal
Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio
2012, n.1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
L’articolo 9 del decreto
legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27, ha espressamente abrogato le tariffe professionali (comma 1)
e ha stabilito, al comma 2, che «ferma restando l’abrogazione di cui al comma
1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso
del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con
decreto del Ministro vigilante».
In attuazione di tale
disposizione legislativa, è stato adottato il decreto del Ministro della
giustizia 20 luglio 2012, n. 140, previo parere di questa Sezione consultiva
per gli atti normativi, espresso nella adunanza del 21 giugno 2012.
L’Amministrazione
evidenzia che le modifiche contenute nello schema in esame mirano a superare
alcune criticità emerse dal confronto con gli ordini professionali, con
particolare riferimento all’ordine forense.
Lo schema di regolamento
in esame si compone di tre articoli e due allegati: l’art. 1 contiene le
modifiche al d.m. n. 140/2012; l’art. 2 richiama gli allegati che modificano le
tabelle A e B del citato d.m., relative agli avvocati, e nell’art. 3 è inserita
la clausola di entrata in vigore.
Considerato
1. Lo schema di regolamento in esame contiene alcune modifiche al recente
decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140 concernente la
determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo
giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal
Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio
2012, n.1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
Le modifiche riguardano
i parametri per la liquidazione dei compensi per gli avvocati e sono
giustificate, nella relazione dell’Amministrazione, dall’esigenza di superare
alcune criticità emerse nel confronto con gli ordini professionali e, in particolare,
con l’ordine forense.
I parametri per la
liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le
professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia sono stati
introdotti di recente con il citato d.m. n. 140/2012, pubblicato nella G.U. 22
agosto 2012 n. 195.
Le ragioni di un nuovo
intervento normativo a così breve distanza dall’entrata in vigore del d.m. non
risultano del tutto chiare, anche perché nulla viene precisato con riferimento
alle modalità con cui è avvenuto (o sta avvenendo) il confronto con gli ordini
professionali, e in base a quali dati o elementi sono emerse le richiamate
criticità.
Va ricordato che,
superato ormai da tempo il regime tariffario, la determinazione di parametri
per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi dei
professionisti costituisce solo un elemento di ausilio al giudice nella
liquidazione, in alcun modo vincolante per la liquidazione stessa, come prevede
espressamente l’art. 2, comma 7, del d.m. n. 140/2012.
Nel precedente parere n. 3126/2012, reso nella adunanza del 21 giugno 2012,
questa Sezione aveva segnalato il pericolo che tali nuovi parametri si prestino
a fungere da “tariffa mascherata”, formulando alcune osservazioni in relazione
alla previsione di un compenso unitario, comprensivo delle spese; alla
eliminazione di qualsiasi riferimento a diminuzioni minime del compenso e alla
esigenza di contenere il quantum del valore medio di liquidazione.
Nell’adottare il d.m. 20
luglio 2012 n. 140 l’Amministrazione non ha recepito diverse osservazioni del
Consiglio di Stato, senza che nelle premesse del decreto siano state indicate
le ragioni del mancato recepimento.
Al riguardo, la Sezione,
nel richiamare il proprio precedente parere, non può che limitarsi in questa
sede ad esprimere il proprio avviso sulle sole modifiche proposte.
2. La prima modifica concerne il comma 2 dell'art. 1 del d.m. n. 140/2012 in
materia di spese, attraverso la previsione che al compenso sia aggiunto un
importo per “spese forfettarie”, intendendosi quelle spese, cioè, che il professionista
inevitabilmente sopporta ma che, per la natura delle stesse, non può
documentare o comunque provare precisamente (secondo la relazione, si tratta,
tipicamente, delle spese relative alla gestione complessiva dello studio
professionale).
Per tale voce è previsto
un incremento del compenso liquidato in misura compresa tra il 10 e il 20 per
cento e la modifica riguarda tutte le professioni, come risulta anche dalla sua
collocazione sistematica.
Al riguardo, si deve
ribadire quanto affermato nel precedente parere, in cui era stato segnalato che
l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1/2012 fa riferimento, al penultimo periodo,
alla misura del compenso che «va pattuita indicando per le singole prestazioni
tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi».
La fonte primaria fa,
quindi, riferimento ad un concetto di compenso omnicomprensivo e, per tale
ragione, era stato ritenuto preferibile modificare il comma 2 dell’art. 1 nel
senso che il compenso è unitario e omnicomprensivo e comprende anche le spese,
ferma restando la possibilità di indicarle in modo distinto come componente del
compenso stesso.
Prendendo atto della
decisione (non motivata) dell’Amministrazione di non recepire tale
osservazione, si osserva che la criticità già segnalata si aggraverebbe con la
proposta modifica, introducendo un livello di spese forfettarie in misura
peraltro rilevante (di regola, tra il 10 e il 20 % del corrispettivo).
Tenuto conto del
principio di omnicomprensività del compenso, stabilito dalla legge, non appare
coerente con la richiamata norma primaria introdurre il rimborso delle spese
forfettarie, che si aggiungono a quelle documentate, considerato anche che le
spese relative alla gestione complessiva dello studio professionale, richiamate
dall’Amministrazione nella relazione, devono ritenersi già incluse nel compenso
e prese in considerazione ai fini della liquidazione dello stesso.
3. Due ulteriori modifiche riguardano l'attività stragiudiziale degli avvocati,
per la quale viene previsto un compenso forfettizzato che, tenuto conto anche
del tempo impiegato dal professionista per lo svolgimento della sua attività,
viene quantificato, orientativamente, in una percentuale calcolata tra il 5 e
il 20 per cento del valore dell'affare L’Amministrazione riferisce di aver
voluto evitare di ricorrere al criterio del compenso orario, che non sarebbe
risultato ancorabile a un parametro di riferimento sufficientemente certo in
sede di vaglio giudiziale.
Pur condividendo la
ratio della modifica, si segnala l’esigenza di non prevedere un minimo per il
compenso, ma solo una misura massima, che peraltro appare elevata.
Viene, inoltre, aggiunta
una disposizione, che prevede l'aumento del compenso fino ad un terzo in favore
dell'avvocato che assiste una parte nel procedimento di mediazione di cui al
decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.
Secondo
l’Amministrazione, la disposizione mira ad incentivare in modo significativo il
ricorso assistito alla procedura di mediazione e, quindi, in un'ottica
deflattiva, a ridurre l'instaurazione di procedimenti davanti all'organo
giurisdizionale, così ponendosi nel solco della già normata previsione di un
aumento del compenso dell'avvocato in caso di conciliazione.
Tenuto conto della
declaratoria di incostituzionalità dell’obbligatorietà della procedura di
mediazione (Corte Cost., 6 dicembre 2012 n. 272), appare preferibile non far
conseguire l’aumento del compenso solo in ragione dell’assistenza nel
procedimento di mediazione, ma di farlo derivare dall’esito e dal contenuto
dell’attività svolta in tale fase (specie, se si vuole incentivare la finalità
deflativa dell’istituto).
Pertanto, in caso di
assistenza stragiudiziale nel procedimento di mediazione di cui al decreto
legislativo 4 marzo 2010 n. 28, il possibile aumento del compenso può essere
previsto “tenuto conto dell’esito del procedimento e dell’attività svolta
dall’avvocato al fine di favorire il buon esito del procedimento”.
In tal modo, si premia
non l’assistenza ad una qualsiasi attività di mediazione, ma l’ausilio ad una
mediazione coronata da buon esito, o comunque svolta dal professionista con
proposte idonee a favorire il buon esito.
In tale ottica, potrebbe
essere prevista pure una diminuzione del compenso, in caso di una assistenza
nel procedimento di mediazione non rispondente a tali principi, anche con
riguardo alla mancata accettazione di proposte, poi risultate coerenti con
l’esito del giudizio (a tal fine è sufficiente inserire le parole “o diminuito”
dopo “aumentato”).
4. La previsione di un
aumento fino al doppio del compenso spettante all'avvocato che difende più
persone con la medesima posizione processuale, è sostituita dalla introduzione
di un incremento fino al triplo di tale compenso.
La Sezione ritiene di
condividere le ragioni della modifica indicate dall’Amministrazione e
consistenti nella finalità di evitare l'incentivazione dell’instaurazione di
più giudizi aventi identici petita e causae petendi al solo fine di conseguire
un maggior compenso sommando la liquidazione prevista per ciascun procedimento.
5. Parimenti
condivisibile è la modifica dell'articolo 9 del d.m. n. 140/2012 (Cause per
l'indennizzo da irragionevole durata del processo e patrocinio a spese dello
Stato) con la soppressione della possibile riduzione a metà del compenso
spettante all'avvocato che presta la sua assistenza a soggetti ammessi al
patrocinio a spese dello Stato nonché a soggetti a questi equiparati dal DPR n.
115/2002 nel procedimento penale.
Infatti, come
evidenziato dal Ministero, l’esclusione della riduzione alla metà del compenso
ripristina la differenza tra la difesa in ambito civile e quella ambito penale
già introdotta dal DPR n. 115/2002 con norma primaria (dove i compensi per la
difesa nel procedimento civile dei soggetti sopra citati sono ridotti alla
metà) in un'ottica di recupero della funzione sociale dello Stato, che si fa
carico per intero di delicate difese di soggetti con insufficienti mezzi
economici.
6. Il nuovo comma 6 bis
dell’art. 4 del d.m. disciplina la così detta “soccombenza qualificata”: la
norma, che prevede un significativo aumento del compenso liquidato a carico
della parte soccombente quando le difese della parte vittoriosa siano risultate
manifestamente fondate, mira - secondo il Ministero - non solo, a scoraggiare
pretestuose resistenze processuali, ma, soprattutto, a valorizzare,
premiandola, l'abilità tecnica dell'avvocato che, attraverso le proprie difese,
sia riuscito a far emergere che la prestazione del suo assistito era
chiaramente e pienamente fondata nonostante le difese avversarie.
Secondo
l’amministrazione si tratta, pertanto, di norma che non potrà trovare
applicazione in un giudizio contumaciale, non risultando, anche
costituzionalmente, corretto aggravare le conseguenze della “mera soccombenza”.
La Sezione condivide la
ratio della modifica, ma non anche tale ultima affermazione in quanto le
ragioni di una “soccombenza qualificata” possono sussistere anche se la parte
soccombente non si è costituita; appare, quindi, preferibile eliminare la
parola “costituito”.
7. Una ulteriore
modifica concerne la soppressione del comma 9, dell’art. 1, del d.m. n.
140/2012, che richiamava l'applicazione dei criteri generali di cui all'art. 4,
commi da 2 a 5, per la determinazione del compenso nelle controversie il cui
valore supera euro 1.500.000.
A tale soppressione fa
seguito la introduzione di due ulteriori scaglioni: uno da euro 1.500.001 a
euro 5.000.000, l'altro oltre euro 5.000.000; è, inoltre, disposto un
incremento – in misura oscillante tra il 30% e il 50%, in modo logicamente
regressivo – dei valori parametrici previsti per il procedimento di ingiunzione
e per il precetto. Tali modifiche sono esposte nelle nuove tabelle A e B che, a
norma dell'art. 2 del presente decreto, integrano e modificano le tabelle
Avvocati A e B del d.m. n. 140/2012.
Pur prendendo atto della
circostanza che la modifica rende più obiettivi i parametri di liquidazione dei
compensi nelle controversie il cui valore supera euro 1.500.000, si segnala
l’esigenza di contenere nel quantum i parametri per i due nuovi scaglioni,
anche in ragione delle esigenze di contenere la misura dei parametri di
liquidazione, già segnalate nel precedente parere, e poste in relazione alla
crisi finanziaria in atto nel Paese.
Non si ravvisano,
infine, ragioni per aumentare i parametri numerici dei compensi per
l’ingiunzione monitoria e per il precetto, giustificati dall’Amministrazione
con l’esigenza di riferire anche a tali attività la componente di “studio”
(sulla voce “studio” si rinvia a quanto illustrato di seguito in coerenza con
la presente osservazione).
8. Per la attività
giudiziale penale lo schema introduce una nuova fase che si aggiunge alle altre:
quella della investigazione.
Altra modifica relativa
alle fasi dell’attività forense è costituita dall’introduzione, nel settore
civile, della voce “studio” per la fase esecutiva sia mobiliare sia
immobiliare: la voce, inserita con riferimento ad ogni scaglione, contiene
valori corrispondenti al 35-50 per cento degli importi previsti per la voce
“procedimento”.
Con riferimento a tali
due innovazioni si osserva che, nella relazione dell’amministrazione
all’originario schema di regolamento, su cui si era espressa questa Sezione con
il precedente parere, era stata valorizzata in modo particolare la
semplificazione dei parametri di liquidazione rispetto alle abolite tariffe
attraverso l’accorpamento delle voci di onorari, diritti, indennità, fondendole
in funzione di una suddivisione in fasi dei procedimenti giudiziali, che traeva
spunto dalla riforma tedesca del 2004 (Rechtsanwaltsvergütungsgesetz, RVG), che
ha sostituito la legge federale sulla retribuzione degli avvocati del 1957.
Sono state così previste
cinque fasi: di studio, introduttiva del procedimento o del processo,
istruttoria, decisoria, esecutiva, in modo da “ricomprendere anche quest’ultima
quale completamento per la realizzazione del bene della vita perseguito nel
settore civile, amministrativo, comprensivo del contenzioso contabile, e
tributario, e quale segmento terminale nel penale”.
La semplificazione dei
parametri attraverso la suddivisione dell’attività in fasi, già condivisa dalla
Sezione, comporta che l’attività dell’avvocato venga valutata nel suo
svolgimento lineare, in funzione dei risultati raggiunti e con particolare
attenzione al contenimento dei tempi dei giudizi.
In tale ottica,
l’introduzione di una specifica “fase investigativa” per l’attività giudiziale
penale si giustifica con l’esigenza di valorizzare un’attività particolarmente
impegnativa e delicata, come quella investigativa appunto, che è stata
introdotta al fine di porre su un piano paritario accusa e difesa nel giudizio
penale.
Tale importante finalità
depone a favore del considerare quella investigativa una fase autonoma.
Una analoga giustificazione non sussiste, invece, per la introduzione, nel
settore civile, della voce “studio” per la fase esecutiva sia mobiliare sia
immobiliare.
Se la fase esecutiva va
intesa in modo da essere ricompresa quale completamento per la realizzazione del
bene, come sostenuto dall’Amministrazione nella originaria relazione, non vi è
alcuna ragione per inserire all’interno di tale fase una voce “studio”, che
finirebbe per costituire una duplicazione della fase di studio, già prevista
con dignità autonoma.
Si ritiene, pertanto,
che debba essere espunta dal testo dello schema e delle allegate tabelle tale
ultima modifica, e si ribadisce quanto osservato in precedenza circa la non
necessità di alcun aumento dei parametri numerici dei compensi per l’ingiunzione
monitoria e per il precetto.
9. Va, infine, valutata
positivamente la soppressione della possibilità della riduzione alla metà del
compenso dell'avvocato che assiste d'ufficio un minorenne.
La modifica consente di
evitare che la difesa di soggetti deboli sia considerata di minore dignità, e
non le sia attribuito quel riconoscimento che è dovuto per la delicatezza
dell’incarico (laddove, invece, la previsione di una ridotta retribuzione
potrebbe essere erroneamente ritenuta connessa a un minor impegno, con
conseguente svilimento della attività difensiva).
P.Q.M.
Nelle considerazioni che
precedono è il parere della Sezione.
L'estensore
Roberto Chieppa
Il presidente
Luigi Cossu
Il segretario
Massimo Meli
AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di
ufficialità.