DIRITTO D'AUTORE


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29 ottobre 2012

118/12. Accordo conciliativo, verbale, negozio volontario, omologa, ipoteca giudiziale (Osservatorio Mediazione Civile n. 118/2012)


=> Trib. Varese, 12 luglio 2012

Le parti – concludendo il negozio compositivo della lite – danno linfa ad un contratto che resta a base volontaristica, senza che l’omologa incida sulla natura del patto; ne discende che la previsione di cui all’art.12 d.lgs. n. 28 del 2012 va riferita, per l’appunto, all’accordo  (eventualmente contenuto nel verbale) ma non ad atti diversi. Trattasi di una norma speciale integrativa della disciplina di diritto comune che vincola l’interpretazione nel senso di ritenere che l’iscrizione sia, per l’appunto, giudiziale, fermo restando che i dati di iscrizione devono essere riferiti all’accordo e non al decreto; interpretazione – che presenta delle aporie (la base è volontaria ma la garanzia è giudiziale) – che discende dalla scelta del legislatore finalizzata ad evitare che l’accesso all’ipoteca dipenda o meno dalla volontà dei litiganti di prevedere espressamente la garanzia nell’accordo (1).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 118/2012

Tribunale di Varese
12 luglio 2012
Decreto

Ai sensi dell’art.12 comma II, del d.lgs.. 28/2010, il verbale di accordo, debitamente omologato, costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca. Nell’alveo della mediazione, le parti – concludendo il negozio compositivo della lite – danno linfa ad un contratto che resta a base volontaristica, senza che l’omologa incida sulla natura del patto. Ne discende che la previsione di cui all’art.12 cit. va riferita, per l’appunto, all’accordo (eventualmente contenuto nel verbale) ma non ad atti diversi.
Vi è, però, che nel caso in esame, è il Legislatore stesso ad avere effettuato una specifica scelta discrezionale prevedendo che l’ipoteca iscritta con l’accordo di mediazione sia “giudiziale”. Deve, dunque, prendersi atto di una norma speciale integrativa della disciplina di diritto comune che vincola l’interpretazione nel senso di ritenere l’iscrizione, per l’appunto, giudiziale, fermo restando che i dati di iscrizione devono essere riferiti all’accordo e non al decreto.
E’ evidente che questa interpretazione presenta delle aporie: la base è volontaria ma la garanzia è giudiziale; d’altro canto, trattasi di scelta del legislatore favor mediatonis per evitare che l’accesso all’ipoteca dipenda o meno dalla volontà dei litiganti di prevedere espressamente la garanzia nell’accordo, invece, oggi, assistito ope legis dal favore dell’ipoteca di tipo giudiziale.
Nulla per le spese, tenuto conto della particolarità della questione.

P.Q.M.

Ordina al Conservatore di provvedere alla iscrizione dell’ipoteca giudiziale come richiesta dalla parte ricorrente.

Si comunichi.

Nulla sulle spese.

Decreto Esecutivo
Varese, 12.7.2012

Il giudice rel.                                                                                         
dr.ssa Chiara Delmonte                                                               

Il Presidente
Dr. Giuseppe Buffone

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

24 ottobre 2012

117/12. Corte Costituzionale: illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 117/2012)


Con comunicato stampa del 24 ottobre 2012 dell’Ufficio Stampa di Palazzo della Consulta è stato reso noto che la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.

Dallo stesso comunicato stampa si apprende che la motivazione di tale decisione è legata all’eccesso di delega legislativa (1) (2).


(2) Fonte: sito web istituzionale della Corte Costituzionale.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 117/2012

116/12. Questione di legittimità costituzionale: tutti i dati del ruolo dell’udienza pubblica del 23 ottobre 2012 (Osservatorio Mediazione Civile n. 116/2012)


In attesa della decisione della Consulta, riportiamo i dati riepilogativi della questione di legittimità sottoposta al Giudice delle leggi in materia di mediazione relativi al ruolo delle udienze pubbliche del 23 ottobre 2012 (1) (2).

N. DI RUOLO: 3

REGISTRO: ord. 268/2011

ATTO DI PROMOVIMENTO: ord. 12 aprile 2011 Tribunale amministrativo regionale del Lazio
- Organismo Unitario dell'Avvocatura (O.U.A.) ed altri c/Ministero della giustizia ed altri.

OGGETTO:
artt. 5, c. 1° primo, secondo e terzo periodo e 16, c. 1° decreto legislativo 04/03/2010 n. 28

(Procedimento civile - Disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali - Obbligatorietà del procedimento di mediazione per le controversie nelle materie elencate dall'art. 5 del decreto legislativo n. 28 del 2010, configurazione del preventivo esperimento di esso come condizione di procedibilità della domanda giudiziaria.
Procedimento civile - Disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali - Prevista abilitazione degli enti pubblici o privati che diano garanzie di serietà ed efficienza a costituire gli organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione)

- rif. artt. 24 e 77 Costituzione, in relazione ad art. 60, lett. c) e n) legge 18/06/2009 n. 69”.

PARTI E DIFENSORI:
per Organismo Unitario dell'Avvocatura - O.U.A. ed altri:
  Giorgio ORSONI
  Mariagrazia ROMEO
  Mario SANINO
per AIAF, Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori:
  Giuliano SCARSELLI
per "Associazione degli Avvocati Romani" e "Agire e Informare":
  Giampiero AMORELLI
  Dorodea CIANO
per Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze:
  Nino SCRIPELLITI
  Gaetano VICICONTE
per Unione Nazionale delle Camere Civili:
  Giuliano SCARSELLI
  Antonio DE NOTARISTEFANI DI VASTOGIRARDI
  Francesco STORACE
per Organismo di mediazione ADR Center Spa:
  Rodolfo CICCHETTI
Avv. STATO Maurizio DI CARLO
per Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano  (Interveniente ad adiuvandum):
  Paolo GIUGGIOLI
  Marilisa D'AMICO
  Lotario DITTRICH
per Società Italiana Conciliazione Mediazione e Arbitrato Srl (SIC&A) (Interveniente ad opponendum) e per Associazione Nazionale Mediatori e Conciliatori (Interveniente ad opponendum):
  Maria Cristina STRAVAGANTI
per Assomediazione - Associazione Italiana Organismi Privati di Mediazione e di Formazione per la Mediazione (**):
  Francesco FRANZESE
  Teodoro RUSSO
per Unioncamere - Unione Italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ed altri (**):
  Beniamino CARAVITA di TORITTO
  Giorgio MEO

GIUDICE RELATORE: CRISCUOLO

(1) Fonte: sito web istituzionale della Corte Costituzionale.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 116/2012

17 ottobre 2012

115/12. Mediazione delegata, organismo con regolamento che non limiti la facoltà del mediatore di formulare la proposta (Osservatorio Mediazione Civile n. 115/2012)


=> Trib. Vasto, 5 luglio 2012

Letto l’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28 e ritenuto che la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti rendono particolarmente adeguato il ricorso a soluzioni amichevoli della medesima, anche in considerazione del contenuto delle proposte conciliative formulate nel corso del giudizio, il giudice invita i difensori e le parti ad attivare la procedura di mediazione per la soluzione della controversia, ricorrendo ad un qualsiasi organismo di conciliazione a condizione che il regolamento dell’ente non contenga clausole limitative della facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa, subordinandone – in particolare – l’esercizio alla condizione della previa richiesta congiunta di tutte le parti (I).

Si ritiene che nella scelta dell’organismo di mediazione le parti si rivolgano ad enti il cui regolamento non contenga clausole limitative del potere, riconosciuto al mediatore dall’art. 11, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10, di formulare una proposta di conciliazione quando l’accordo amichevole tra le parti non è raggiunto, in particolare restringendo detta facoltà del mediatore al solo caso in cui tutte le parti gliene facciano concorde richiesta, in quanto tali previsioni regolamentari:
·         frustrano lo spirito della norma (che è quello di stimolare le parti al raggiungimento di un accordo);
·         non consentono al giudice di fare applicazione delle disposizioni previste dall’art. 13 del citato decreto, in materia di spese processuali, così vanificandone la ratio ispiratrice, tesa a disincentivare rifiuti ingiustificati di proposte conciliative ragionevoli (II).

La formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore – tutte le volte in cui le parti non abbiano raggiunto un accordo amichevole ed anche in assenza di una richiesta congiunta delle stesse – costituisce un passaggio fondamentale della procedura di mediazione.

Le recenti disposizioni del D.L. 22.06.2012 n. 83, il quale – modificando l’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo – ha introdotto il comma 2 quinquies, a norma del quale “non è riconosciuto alcun indennizzo: […] c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”, confermano la tendenza del legislatore ad introdurre nell’ordinamento meccanismi dissuasivi di comportamenti processuali ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale della controversia, la cui individuazione – però – presuppone necessariamente la previa formulazione (o, comunque, la libera formulabilità) di una proposta conciliativa da parte del mediatore ed il suo raffronto ex post con il provvedimento giudiziale di definizione della lite (III).

(I) Si veda l’art. 5, comma 2 Decreto legislativo n. 28 del 2010 aggiornato alla c.d. manovra bis 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(II) Si vedano gli artt. 11 e 13 Decreto legislativo n. 28 del 2010 aggiornato alla c.d. manovra bis 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 115/2012

Tribunale di Vasto,
5 luglio 2012
Ordinanza

Il Giudice

a scioglimento della riserva assunta nel procedimento di cui in epigrafe;

letti gli atti e la documentazione di causa;

viste le condizioni di estrema congestione in cui versa il proprio ruolo istruttorio e decisorio;

rilevata la necessità di una definizione rapida del procedimento secondo le modalità conciliative auspicate dalla Direttiva Europea approvata dal Parlamento e dal Consiglio n. 2008/52/CE del 21.5.2008, allo scopo di garantire un miglior accesso alla giustizia;

letto l’art. 5, secondo comma, del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28;

ritenuto che la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti rendono particolarmente adeguato il ricorso a soluzioni amichevoli della medesima, anche in considerazione del contenuto delle proposte conciliative formulate nel corso del giudizio;

ritenuto, peraltro, opportuno che, nella scelta dell’organismo di mediazione, le parti si rivolgano ad enti il cui regolamento non contenga clausole limitative del potere, riconosciuto al mediatore dall’art. 11, secondo comma, del D. Lgs. n. 28/10, di formulare una proposta di conciliazione quando l’accordo amichevole tra le parti non è raggiunto, in particolare restringendo detta facoltà del mediatore al solo caso in cui tutte le parti gliene facciano concorde richiesta, in quanto tali previsioni regolamentari frustrano lo spirito della norma – che è quello di stimolare le parti al raggiungimento di un accordo – e non consentono al giudice di fare applicazione delle disposizioni previste dall’art. 13 del citato decreto, in materia di spese processuali, così vanificandone la ratio ispiratrice, tesa a disincentivare rifiuti ingiustificati di proposte conciliative ragionevoli;

ritenuto che la formulazione di una proposta di conciliazione da parte del mediatore – tutte le volte in cui le parti non abbiano raggiunto un accordo amichevole ed anche in assenza di una richiesta congiunta delle stesse – costituisce un passaggio fondamentale della procedura di mediazione, vieppiù valorizzato dalle recenti disposizioni del D.L. 22.06.2012 n. 83, il quale – modificando l’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo – ha introdotto il comma 2 quinquies, a norma del quale “non è riconosciuto alcun indennizzo: […] c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28”, con ciò confermando la tendenza del legislatore ad introdurre nell’ordinamento meccanismi dissuasivi di comportamenti processuali ostinatamente protesi alla coltivazione della soluzione giudiziale della controversia, la cui individuazione – però – presuppone necessariamente la previa formulazione (o, comunque, la libera formulabilità) di una proposta conciliativa da parte del mediatore ed il suo raffronto ex post con il provvedimento giudiziale di definizione della lite;

P.Q.M.

invita i difensori e le parti ad attivare la procedura di mediazione per la soluzione della controversia, ricorrendo ad un qualsiasi organismo di conciliazione, pubblico o privato, presente nel circondario del Tribunale di Vasto, purché regolarmente iscritto nell’apposito registro istituito con decreto del Ministero della Giustizia, ai sensi dell’art. 16 del D. L.gs. 4 marzo 2010, n. 28, e a condizione che il regolamento dell’ente non contenga clausole limitative della facoltà del mediatore di formulare una proposta conciliativa, subordinandone – in particolare – l’esercizio alla condizione della previa richiesta congiunta di tutte le parti;

assegna alle parti termine di giorni quindici per la presentazione della domanda di mediazione;

rinvia la causa, per il prosieguo, all’udienza del ---;

invita le parti a comunicare all’Ufficio l’esito della procedura prima della prossima udienza;

manda alla Cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza per intero.

Vasto, 5 luglio 2012.

Il Giudice
Dott. Fabrizio Pasquale

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

14 ottobre 2012

114/12. Mancata partecipazione alla mediazione: elemento integrativo ma non decisivo (Osservatorio Mediazione Civile n. 114/2012)


=> Trib. Roma, Sez dist. Ostia, 5 luglio 2012

L’art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010, relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo - della parte convocata – al procedimento di mediazione, prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, co. 2, c.p.c.; norma richiamata nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti. Ne consegue che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico (I) (II).

Giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto; infatti lo strumento offerto dall’art. 116 c.p.c. attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.

La mancata comparizione della parte regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa: secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.


(II) Si veda l’art. 116 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 114/2012

Tribunale di Roma,
Sezione distaccata di Ostia
5 luglio 2012
Sentenza

Omissis

Occorre valutare le conseguenze della mancata partecipazione dei convenuti ritualmente convocati al procedimento di mediazione attivato dall’attrice, su impulso del giudice ex art.5 decr. lgsl. 28/10 secondo comma (mediazione delegata).

L’art.8 del decr. lgsl. 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo - della parte convocata – al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.

Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.

Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.

È espressione della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre “argomenti di prova”, e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze (fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).

La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.

La norma dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8 decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.

Ne consegue, tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.

Va considerato che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e  viste le sempre più gravi conseguenze, economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi;  sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge. 

È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.

Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto.

A favore o contro la parte non comparsa in mediazione.

Ed infatti lo strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.

L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento.

Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità probatoria indiretta degli indizi.

E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729 cc) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.

Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.

Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma – art.116 cpc n.d.r.-  in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).

Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.

Quanto al giustificato motivo dell’assenza, l’affermazione della convenuta circa la sussistenza dello stesso in relazione alla ritenuta erroneità della sentenza parziale, da essa appellata, non può essere condivisa.

Traslando tale ragionamento in generale si potrebbe infatti affermare che ogni qualvolta la controparte ritenga erronea la tesi della parte che l’ha convocata in mediazione (in questo caso la censura riguarda la sentenza del giudice), e pertanto inutile la sua partecipazione all’esperimento di mediazione, sia validamente dispensata dal comparirvi.

L’esponente non si avvede che in tal modo sussisterebbe sempre un giustificato motivo di non comparizione, se è vero com’è vero che se la controparte condividesse la tesi del suo avversario (o come in questo caso, le ragioni della sentenza non definitiva emessa a suo carico) la lite non potrebbe neppure insorgere e se insorta verrebbe subito meno. La ragione d’essere della mediazione si fonda proprio sulla esistenza di un contrasto di opinioni, di vedute, di volontà, di intenti, di interpretazioni etc. che il mediatore esperto  tenta di sciogliere favorendo l’avvicinamento delle posizioni delle parti fino al raggiungimento di un accordo amichevole.

In questo caso poi l’assicuratore aveva una doppia ragione per partecipare alla mediazione: da una parte la sussistenza dell’usuale conflitto di opinioni fra le parti che in questo caso verteva sulla sussistenza o meno dell’inadempimento ritenuto sussistente dall’attrice ed insussistente dai convenuti. Dall’altra la circostanza che il giudice aveva nella sostanza condiviso l’opinione dell’attrice, peraltro con motivazioni specifiche ed aderenti alle risultanze istruttorie.
Inoltre la giustificazione dell’assicuratore secondo cui contro la sentenza, ritenuta errata, era in corso di predisposizione l’appello contiene in re ipsa un’aporia: proprio perché il percorso giudiziario è ancora lungo ed incerto (quand’anche riformasse la sentenza, vi è pur sempre …) la mediazione può svolgere a pieno il suo ruolo.
Ed invero con la sentenza che accertava e dichiarava l’inadempimento dell’assicuratore, il giudice, senza omettere di segnalare l’eccessività dell’importo richiesto dall’attrice, avviava le parti, con un robusto bagaglio di elementi su cui discutere, alla mediazione proprio per offrire loro la possibilità di regolare consensualmente il rapporto sub judice.

Risulta pertanto evidente e comprovato che nel caso di specie non solo non sussiste un giustificato motivo per la mancata comparizione dell’assicuratore nel procedimento di mediazione; ma tale ostinato rifiuto è del tutto irragionevole ed inescusabile.

Nel merito nel caso di specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° e 116 cpc, considerati tutti gli elementi acquisiti al processo, la certezza del danno, il non apprezzabile contegno processuale delle convenute che pur essendo palesemente in torto non hanno avanzato alcuna offerta transattiva, si ritiene raggiunta la prova – senza necessità di ricorrere a consulenza tecnica-  del buon diritto dell’attrice a percepire la somma che si ritiene di liquidare, equitativamente, a titolo di risarcimento dei danni, nell’importo di euro 42.000,00.
Oltre interessi legali dalla domanda e fino al saldo.

A tal fine vanno considerati: l’elevato importo del contratto di appalto ed il numero ristretto di concorrenti ammessi (solo due, compresa l’attrice).
Naturalmente l’importo suddetto (euro 1.860.000) non corrisponde all’effettivo guadagno che ne avrebbe tratto la società dovendo essere considerate e decurtate le spese.

Configurando prudenzialmente un guadagno netto di euro 20.000 annui per tre anni e detraendo il 30% per la perdita della chance, che si considera a favore dell’attrice concreta ed elevata di potersi aggiudicare l’appalto.

La mancata comparizione in mediazione da parte delle convenute in presenza di tali importanti elementi, fra i quali la sentenza non definitiva, attesta la consapevolezza di essere in torto ed il perseguimento di intenti dilatori.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
La sentenza  è per legge esecutiva.

P.Q.M.

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:

condanna Agenzia assicurativa --- snc nonché di Assicurazioni --- spa in persona del suo legale rappresentante pro tempore  al risarcimento dei danni che liquida in favore della parte attrice in persona del suo legale rappresentante pro tempore nella  complessiva somma di euro --- oltre interessi legali dalla data  della domanda al saldo;

condanna Agenzia assicurativa --- snc nonché di Assicurazioni --- spa in persona del suo legale rappresentante pro tempore, in solido, al pagamento delle spese di causa che liquida in favore della parte attrice in persona del suo legale rappresentante pro tempore in complessivi euro ---  di cui euro --- per spese, oltre IVA e CAP;

sentenza esecutiva  
Ostia lì 5.7.2012

Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

9 ottobre 2012

113/12. Mancata partecipazione alla mediazione: elemento integrativo ma non decisivo (Osservatorio Mediazione Civile n. 113/2012)


=> Trib. Roma, Sez dist. Ostia, 5 luglio 2012

Giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto. A favore o contro la parte non comparsa in mediazione (I) (II).

La mancata comparizione della parte regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa (I) (II).

Secondo le circostanze del caso concreto, gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi, possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova. Equivarrebbe infatti a tradire l’intento del legislatore della mediazione (art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010, che richiama l’art. 116 c.p.c.) svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico (I) (II).

La sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da chi lo invoca: nel caso di specie non avendo il conduttore neppure allegato alcuna giustificazione, il medesimo va condannato al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma pari a quanto ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio (III).


(II) Si veda l’art. 116 c.p.c. in Codice di procedura civile (fonte: IlProcessoCivile.com).

(III) In tema di mediazione in materia di locazione si veda L’obbligatorietà della media-conciliazione nel processo locatizio ex art. 447-bis in Osservatorio Mediazione Civile n. 20/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 113/2012

Tribunale di Roma
Sezione distaccata di Ostia
5 luglio 2012

…Omissis…

Le domande dell’attore sono risultate pienamente fondate.

Le eccezioni del conduttore non sono fondate.

Devesi ritenere anche alla luce di quanto si dirà in prosieguo che l’ammontare del canone della locazione commerciale, scaglionato negli importi e progressivamente crescente nel corso degli anni, è stato espressamente previsto al fine di favorire l’avviamento dell’attività commerciale del conduttore e non per fare conseguire al locatore un (illecito) beneficio, in termini di rivalutazione, maggiore di quello previsto dalla legge: ne consegue la perfetta legittimità della pattuizione.
Né sono stati offerti dal conduttore elementi a comprova di una diversa volontà delle parti.

Va altresì considerato che inviate le parti in mediazione all’esito del mutamento del rito dopo la fase sommaria di convalida, nella quale il giudice aveva emesso ordinanza di rilascio, il conduttore non è comparso benché ritualmente convocato.

La mancata partecipazione al procedimento di mediazione, ritualmente avviato, da parte del convenuto convocato.

Occorre valutare le conseguenze della mancata partecipazione del convenuto ritualmente convocato al procedimento di mediazione attivato dall’intimante, su impulso del giudice ex art.5 decr.lgsl.28/10 primo comma (mediazione obbligatoria).

L’art.8 del decr.lgsl 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo - della parte convocata – al procedimento di mediazione prevede che il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

Quanto alla possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata) si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.

Secondo altra opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.

È espressione della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell’interrogatorio non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal comportamento della parte il giudice possa trarre “argomenti di prova”, e non basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata tenendo conto di tutte le altre risultanze (fra le tante Cassazione civile, sez. trib., 17/01/2002, n. 443).
La norma in questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle circostanze valorizzate “argomenti di prova”.

La norma dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8 decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.
Ne consegue, tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.

Va considerato che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei tribunali e delle corti; e  viste le sempre più gravi conseguenze, economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei processi;  sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge.

È necessario tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.

Deve essere ben chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto. A favore o contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
L’argomento di prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento.
Nel processo di inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa potenzialità probatoria indiretta degli indizi.
E come le presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729 c.c.) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.
Ciò detto si ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.

Con ciò non si intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze – anche costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III, 16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma –art.116 cpc n.d.r.-  in particolare, essa attribuisce certo al giudice il potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti – e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n. 3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800; 25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.

Nel caso di specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° e dell’art.116 cpc, si ritiene raggiunta la prova della infondatezza delle eccezioni della convenuta, ritenendosi al tempo superata la necessità sia di approfondire l’aspetto relativo alla reale ragione della differenziazione in aumento dei canoni e sia dell’esatto ammontare dei mancati pagamenti, che in ogni caso, ammessi nell’an, risultano di rilevante importo.

Nel caso in esame, infatti, sussistono come visto a carico del conduttore elementi documentali provenienti dalla stessa parte intimata, vale a dire la sottoscrizione di un contratto nel quale è stata esposta una causale della differenziazione in aumento dell’ammontare del canone di locazione commerciale rispetto al primo anno, che consentono di ritenere che il mancato pagamento da parte del medesimo dei canoni nella misura pattuita, anche alla luce della circostanza della mancata comparizione del conduttore davanti al mediatore pur essendo stato regolarmente convocato per l’esperimento di mediazione, costituisca inadempimento ingiustificato agli obblighi contrattuali.

Va altresì aggiunto che ratione temporis (la citazione per convalida di sfratto è stata notificata nell’ottobre 2011) le norme degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma 5° sono pienamente ed interamente, cfr. infra , applicabili alla fattispecie.
Trattandosi di obbligazioni pecuniarie incombeva al convenuto dimostrare l’avvenuto pagamento (forma normale di estinzione delle obbligazioni di tal genere) ovvero altro fatto estintivo.

In mancanza va ritenuto sussistente l’inadempimento; grave ai sensi dell’art.1455 cc  con conseguente risoluzione del contratto.

Il convento va altresì condannato al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere nonché degli accessori oltre agli interessi.

Va altresì segnalato che l’art.8 del decr.lgsl 28/10 al comma 5° dispone che il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (D.L. 13 agosto 2011, n. 138 coordinato con la legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148).
La sussistenza di un giustificato motivo per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione costituisce elemento che esonera dall’applicazione della sanzione prevista dalla legge e deve essere conseguentemente provato da chi lo invoca: non avendo il conduttore neppure allegato alcuna giustificazione, il medesimo va condannato al versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma pari al € 111,00, a quanto cioè ammonta il contributo unificato dovuto per il giudizio.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

La sentenza  è per legge esecutiva.

P.Q.M.

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:

dichiara risolto il contratto di locazione ---;

ordina --- il rilascio --- dell’immobile ---;

condanna --- al pagamento in favore dell’intimante dei canoni di locazione ---;

dichiara priva di giustificato motivo la mancata comparizione della intimata al procedimento di mediazione;

condanna --- in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell’Erario della somma di €.111,00, oltre interessi dalla data della domanda fino al saldo; mandando alla cancelleria per la riscossione;

condanna --- in persona del suo legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di causa ---.

Ostia, lì 5.7.2012

Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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