DIRITTO D'AUTORE


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30 marzo 2012

66/12. L’accordo di accertamento dell’usucapione non è trascrivibile, ma l'art. 11 c. 3 d.lgs. n. 28/10 potrebbe essere incostituzionale (Osservatorio Mediazione Civile n. 66/2012)

=> Trib. Catania, 24 febbraio 2012

Il verbale di conciliazione contenente l'accertamento della intervenuta usucapione è inidoneo alla trascrizione poiché, in base all'art. 11 c. 3 d.lgs. n. 28/10, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall'art. 2643 c.c. laddove il verbale di conciliazione accertativo dell'usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all'ambito applicativo dell'art. 2643 c.c. (1)

L'accordo sull’accertamento della intervenuta usucapione non è riconducibile all'ambito di previsione dell'art. 2643 c.c. assimilandolo agli atti previsti dall'art. 2645 c.c., dovendosi di certo escludere la natura transattiva dell'accordo in questione per difetto dei necessari requisiti ed essendo, per altro verso, non risolutivo il richiamo all'art. 2645 c.c. che, com'è noto, prevede la trascrivibilità di "ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluni degli effetti dei contratti menzionati nell'art. 2643 c.c.

La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l'accertamento dell'intervenuta usucapione non può nemmeno ammettersi per il tramite dell'art. 2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell'usucapione.

Non è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'art. 11 c. 3 d.lgs. n. 28/10 nella parte in cui tale norma non prevede la trascrizione del verbale di accordo amichevole di accertamento dell'usucapione, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione (questione però priva di rilevanza nel presente procedimento in relazione al petitum).

(1) Si veda art. 11, comma 3 Decreto legislativo n. 28 del 2010 aggiornato alla c.d. manovra bis 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 2/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 66/2012

Tribunale di Catania
Sezione I Civile
24 febbraio 2012
Decreto

Parte ricorrente chiede, in seno al ricorso introduttivo, che il Tribunale adito, accertata l'illegittimità della riserva apposta alla trascrizione del verbale di accordo amichevole, ordini al Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania di eliminare detta riserva ad ogni effetto di legge.

Espone in fatto che: in seno al procedimento di mediazione ai sensi del D.L.vo n. 28/10 l'avv. S. Attardi, nella qualità suddetta, aveva riconosciuto la maturata usucapione dell'immobile sopra indicato in capo a L. C.; il relativo verbale di accordo amichevole del 4.07.11 era stato omologato dal Presidente del Tribunale di Catania, ai sensi dell'art. 12 del D.Lvo n. 28/10, con decreto del 29.07.11; le sottoscrizioni apposte sul verbale medesimo erano state autenticate, come previsto dall'art. 11 comma 3 del citato decreto ai fini della trascrizione, dal notaio Cannizzo di Catania; alla richiesta rivolta dalla L. S. al Conservatore di procedere alla trascrizione del verbale in questione, il Conservatore aveva, tuttavia, dapprima opposto un rifiuto, indi proceduto a trascrizione con riserva.

Sostiene in diritto la trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto in ragione, anzitutto, del carattere obbligatorio, ex art.5 del D.L.vo n.28/10, del procedimento di mediazione (il cui previo esperimento è, com'è noto, previsto da tale norma quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in talune materie tra cui quella afferente ai "diritti reali"), da cui discenderebbe la necessaria attribuzione a detto verbale degli stessi effetti della sentenza, pena la vanificazione della finalità deflattiva perseguita dal legislatore con l'introduzione dell'istituto della mediazione .

A sostegno della propria tesi, adduce che lo stesso legislatore ha peraltro previsto che il verbale di accordo amichevole raggiunto in seno al procedimento di mediazione costituisce titolo trascrivibile, ciò attraverso la disposizione contenuta nell'art. 11 comma 3 del più volte citato D.L.vo laddove è prevista l'autentica notarile della sottoscrizione del processo verbale di accordo amichevole al fine di procedere a trascrizione "se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall'art. 2643 c.c.". La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole in oggetto si fonderebbe, in particolare, sull'art. 2651 c.c. che prevede la trascrivibilità delle sentenze di accertamento dell'usucapione, cui il verbale di accordo amichevole avente ad oggetto l'accertamento di analoga vicenda dovrebbe, sul piano degli effetti, essere equiparato.

Costituitosi all'udienza del 27.10.11, il Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania chiede il rigetto del reclamo con argomentazioni giuridiche così riassumibili: il verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento della maturata usucapione, non è trascrivibile non potendosi ricondurre ad alcuno degli atti previsti dall'art. 2643 c.c., espressamente richiamato dall'art. 11 comma 3 del D.L.vo n. 28/10, in quanto esso non realizza alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assume il valore di negozio di mero accertamento; l'art. 2651 c.c. prevede la trascrizione solo della sentenza da cui risulta acquistato per usucapione uno dei diritti indicati dai nn.1, 2 e 4 dell'art. 2643 c.c., con ciò escludendo la trascrivibilità degli atti negoziali sia pure produttivi dello stesso effetto della sentenza di accertamento dell'usucapione; la trascrizione del verbale di accordo amichevole, avente ad oggetto il riconoscimento dell'acquisto della proprietà a titolo di usucapione, minerebbe la certezza dei rapporti giuridici poiché consentirebbe alle parti di utilizzare l'istituto della mediazione non già per la composizione di una lite effettiva, bensì per "dissimulare operazioni negoziali ai danni di terzi, con seri pregiudizi alla circolazione dei beni".

Con note di controdeduzione depositate all'udienza del 17.11.11, parte ricorrente contrasta le argomentazioni avversarie, in particolare sostenendo che il verbale di accordo amichevole in oggetto rientra nel novero degli atti previsti dall'art. 2643 c.c. in quanto all'accordo amichevole di accertamento della maturata usucapione conseguirebbe un effetto modificativo di preesistenti situazioni giuridiche soggettive, perché l'accordo amichevole in questione comunque rientrerebbe nella previsione dell'art. 2643 n. 13 c.c. possedendo tutti i requisiti richiesti dall'art. 1965 c.c. ai fini della sua qualificazione come transazione, perchè esso rientrerebbe in ogni caso nell'alveo dell'art. 2645 c.c. quale norma implicitamente richiamata dall'art. 11 comma 3 del D.L.vo n. 28/10.

In via subordinata, sollevava eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 11 comma 3 del D.L.vo n.28/10 nella parte in cui tale norma non prevede la trascrizione del verbale di accordo amichevole di accertamento dell'usucapione, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.

Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

Va osservato, anzitutto, che il verbale di conciliazione contenente l'accertamento della intervenuta usucapione è - contrariamente a quanto sostenuto dal reclamante - inidoneo alla trascrizione poiché, in base all'art. 11 comma 3 del D.L.vo n. 28/10, possono essere trascritti solo gli atti e i contratti previsti dall'art. 2643 c.c. laddove il verbale di conciliazione accertativo dell'usucapione, non realizzando alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assumendo il valore di negozio di mero accertamento, non è in alcun modo riconducibile all'ambito applicativo dell'art. 2643 c.c. Prive di pregio sono poi le argomentazioni difensive che pretendono di ricondurre l'accordo amichevole in oggetto all'ambito di previsione dell'art. 2643 c.c. ipotizzandone la natura transattiva (e quindi riconducendolo alla categoria indicata nell'art. 2643 n.13 c.c.) ovvero assimilandolo agli atti previsti dall'art.2645 c.c., dovendosi di certo escludere la natura transattiva dell'accordo in questione per difetto dei necessari requisiti ("reciproche concessioni" delle parti) ed essendo, per altro verso, non risolutivo il richiamo all'art. 2645 c.c. che, com'è noto, prevede la trascrivibilità di "ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluni degli effetti dei contratti menzionati nell'art. 2643 c.c.".

La trascrivibilità del verbale di accordo amichevole contenente l'accertamento dell'intervenuta usucapione non può nemmeno ammettersi per il tramite dell'art. 2651 c.c., dal momento che tale norma prevede la trascrizione solo della sentenza accertativa dell'usucapione. Al riguardo, è opportuno ricordare che il contratto di accertamento, definibile come il contratto mediante il quale le parti riconoscono l'esistenza o il contenuto di un loro rapporto giuridico preesistente, può avere ad oggetto -come generalmente ammesso sia in dottrina che in giurisprudenza- anche la proprietà e gli altri diritti reali. I negozi di accertamento della proprietà e degli altri diritti reali non hanno però efficacia costitutiva e non rientrano tra i modi di acquisto dei diritti reali, ma hanno piuttosto valore probatorio nel senso che valgono a provare tra le parti l'esistenza della situazione giuridica accertata, salva la possibilità per ciascuna parte di offrire prova contraria (ossia di provare che la situazione reale è diversa da quella accertata). Ed infatti, secondo il sistema del diritto privato, l'atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde -in difetto di tale titolo- esso non può crearlo e neppure rappresentarlo se non a quest'ultimo effetto, attraverso l'esplicito richiamo e la menzione del titolo stesso (vedi Cass. n. 20198/04, Cass. n. 8365/00). Così, nel caso di specie, il negozio di accertamento dell'usucapione intercorso tra le parti ha avuto ad oggetto il riconoscimento da parte dell'usucapito in favore dell'usucapiente dell'esistenza dei presupposti di fatto (possesso e tempo) al cui verificarsi l'acquisto del diritto di proprietà in capo al secondo opera, invero, "ex lege" (stante la natura originaria ed il carattere automatico dell'acquisto per usucapione).

Ciò premesso, si comprende la ragione per la quale l'art. 2651 c.c. prevede la trascrivibilità della sola sentenza accertativa dell'usucapione, e non del negozio di accertamento avente ad oggetto la medesima vicenda. Né la trascrivibilità del negozio di accertamento dell'usucapione può desumersi in via interpretativa dal citato art. 2651 c.c. ove si consideri che l'effetto accertativo di tale negozio rileva, come detto, su di un piano meramente probatorio tra le parti (rimuovendo l'incertezza tra le stesse circa i fatti a fondamento dell'acquisto a titolo originario, dispensando la parte a favore della quale il riconoscimento è stato compiuto dall'onere di provare il rapporto come accertato e ponendo a carico della parte che ha compiuto il riconoscimento l'onere della prova contraria), mentre la pronuncia giudiziale di accertamento dell'usucapione contiene un accertamento valevole "erga omnes" nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell'aspetto tipico considerato dall'art. 2909 c.c., fa parte tuttavia di quell'affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. n. 10435/03, Cass. n. 7557/03). Della sentenza accertativa dell'usucapione è perciò prevista la trascrizione (sebbene si tratti in questo caso di mera pubblicità-notizia, atteso che l'acquisto a titolo originario per usucapione si compie ed è efficace al maturare del periodo e dei requisiti richiesti dalla legge per usucapire il diritto ed esso è di per sé opponibile a qualsiasi terzo che accampi pretese sul bene, a prescindere dalla trascrizione della sentenza).

Chiarito, dunque, che nel vigente sistema la trascrizione del negozio di accertamento dell'usucapione non è prevista, va presa in considerazione la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente, incentrata sull'assunto che l'accordo amichevole stipulato in sede di mediazione, tanto più nei casi (come quello in esame) in cui il previo esperimento del tentativo di conciliazione è previsto come obbligatorio, debba avere gli stessi effetti della sentenza (pronunciata all'esito del giudizio che il positivo esperimento del procedimento di mediazione ha consentito di evitare) e debba quindi, qualora abbia ad oggetto l'accertamento dell'intervenuta usucapione, essere trascrivibile al pari della sentenza accertativa della medesima vicenda, dovendosi in caso contratio l'art.11 comma 3 del D.L.vo n.28/10 considerare illegittimo -per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.- nella parte in cui non prevede la trascrizione del negozio di accertamento dell'usucapione.

In proposito, va osservato che la questione proposta, sebbene non manifestamente infondata alla stregua dei principi costituzionali sopra richiamati e per le ragioni esposte dal ricorrente nelle note di controdeduzione, è tuttavia priva di rilevanza nel presente procedimento in relazione al petitum, avente ad oggetto l'eliminazione della riserva apposta dal Conservatore alla trascrizione del verbale di accordo amichevole intercorso tra le parti.

Alla luce delle superiori considerazioni, la questione di legittimità costituzionale sollevata da parte ricorrente va respinta.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del reclamante.

PQM

Visti gli artt.2674 bis c.c. e 113 ter c.c.;

Rigetta il reclamo proposto da L. S. G. quale rappresentante di L. C.

Condanna L. S. G. alla rifusione delle spese processuali in favore del Conservatore dei Registri Immobiliari di Catania che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 400,00 per diritti di procuratore, il resto per onorario.

Presidente Morgia
Relatore Vitale

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

28 marzo 2012

65/12. Anche la Corte d’Appello può invitare le parti alla mediazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2012)

=> C. Appello Napoli, 17 febbraio 2012

Rilevato che permane controversia tra appellante principale ed appellati e che la natura del giudizio, protrattasi ormai da tempo, rende auspicabile, anche in considerazione  della natura di alcuni soggetti coinvolti nella lite, il ricorso alla mediazione prevista dal D.Lgs. n. 28/10, che consentirebbe una più celere e meno onerosa definizione della controversia, la corte d’appello invita le parti a procedere alla mediazione.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 65/2012

Corte di Appello di Napoli
Sezione II Civile bis
17 febbraio 2012
Ordinanza

…omissis… 

Rilevato che permane controversia tra appellante principale e appellati …

…omissis…

considerato, inoltre, che la natura del giudizio, protrattasi ormai da tempo, rende auspicabile, anche in considerazione  della natura di alcuni soggetti coinvolti nella lite, il ricorso alla mediazione prevista dal D.Lgs. n. 28/10, che consentirebbe una più celere e meno onerosa definizione della controversia;

P.Q.M.
…omissis…

rimette la causa all’udienza del ---, innanzi al Consigliere istruttore per l’assunzione della prova ammessa e per il conferimento dell’incarico  al nominato CTU, invitando le parti a procedere alla mediazione prevista dal D.Lgs. n. 28/10, comunicando in tale udienza se intendono aderire all’invito.

Napoli, 17/2/2012

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

26 marzo 2012

64/12. La domanda riconvenzionale inedita è soggetta al tentativo obbligatorio di conciliazione (Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2012)

=> Trib. Firenze, 14 febbraio 2012

La domanda riconvenzionale c.d. inedita, cioè non inserita prima in sede mediativa (ad esempio, nella procedura di mediazione iniziata per la domanda principale), deve reputarsi soggetta al tentativo obbligatorio di conciliazione. (1)

Rilevato che la domanda principale non rientra, ratione temporis, nelle previsioni dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, mentre la domanda riconvenzionale è stata proposta quando il primo comma dell'art. 5 menzionato era entrato in vigore (per la materia che interessa, cioè per le locazioni), la domanda riconvenzionale deve reputarsi soggetta al tentativo obbligatorio di conciliazione alla luce della formulazione dell’art. 5 cit., in base all’interpretazione teleologica e sistematica della normativa in materia. (2)

Non può disporsi la separazione delle domande, dal momento che non avrebbe significato, tenuto conto delle finalità compositive della procedura mediativa, portare in mediazione la lite con riferimento alla domanda riconvenzionale, mentre la stessa controversia, oggetto delle pretese della parte attrice, viene decisa in via autoritativa: la mediazione deve, per sua natura, riguardare il rapporto nella sua interezza, affinché nella sede mediativa, sia pure formalmente attivata con riferimento alla domanda riconvenzionale, sia possibile risolvere il conflitto contemperando gli interessi di entrambe le parti.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 64/2012

Tribunale di Firenze
14 febbraio 2012
Ordinanza

Il giudice Luciana Breggia;

vista la domanda riconvenzionale tempestivamente proposta da parte convenuta;

Rilevato che la domanda principale non rientra, ratione temporis, nelle previsioni dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010, mentre la domanda riconvenzionale è stata proposta il 13.2.2012, quando il primo comma dell'art. 5 menzionato, era entrato in vigore (per la materia che interessa, cioè per le locazioni);

che pertanto, non essendo stata posta in mediazione la lite di cui alla domanda principale, viene in considerazione la domanda riconvenzionale del convenuto, che deve reputarsi soggetta al tentativo obbligatorio di conciliazione alla luce della formulazione dell’art. 5 cit., in base all’interpretazione teleologica e sistematica della normativa in materia;

che da tale normativa - v. da ultimo il comma 6 bis dell’art. 5 menzionato - e dalla Direttiva europea in tema di mediazione (2008/52/CE), emerge un favor per tale forma di soluzione dei conflitti, sia pure senza dimenticare l’esigenza di un corretto equilibrio tra mediazione e giurisdizione;

che al riguardo è pertinente anche il richiamo alla 'magna charta of judges', approvata, il 17 novembre del 2010, dal Consiglio consultivo dei giudici europei in seno al consiglio d'Europa che prevede, al punto 15, l'impegno a promuovere i metodi alternativi di composizione delle controversie;

che nello stesso tempo il Comitato dei Ministri degli Stati europei ha approvato la Raccomandazione sui giudici (Recommandation- CM/Rec (2010)12 du Comité des Ministres aux Etats membres sur les juges: indépendance, efficacité et responsabilités), che, all’art. 39 - Modes alternatifs de règlement des litiges - prevede: Le recours aux modes alternatifs de règlement des litiges devrait être encourage;

che non può disporsi nemmeno la separazione delle domande, dal momento che non avrebbe significato, tenuto conto delle finalità compositive della procedura mediativa, portare in mediazione la lite con riferimento alla domanda riconvenzionale, mentre la stessa controversia, oggetto delle pretese della parte attrice, viene decisa in via autoritativa: la mediazione deve, per sua natura, riguardare il rapporto nella sua interezza, affinché nella sede mediativa, sia pure formalmente attivata con riferimento alla domanda riconvenzionale, sia possibile risolvere il conflitto contemperando gli interessi di entrambe le parti;

che la conclusione accolta in questo provvedimento, non è condivisa da chi ha inteso sottolineare, tra l'altro, i profili problematici che si porrebbero rispetto al principio di ragionevole durata del processo qualora si ritenesse che la domanda riconvenzionale sia sottoposta alla condizione obbligatoria di procedibilità di cui all’art. 5 cit. (trib. Palermo, sez. distaccata di Bagheria, 11 luglio 2011);

che tuttavia deve essere considerato non solo il principio di ragionevole durata del processo, ma anche il principio di ragionevole durata della risoluzione della lite, desumibile dalla direttiva europea prima citata (senza dimenticare che, in caso di esito positivo della mediazione, la lite giudiziaria non avrebbe più svolgimento in nessuno dei gradi astrattamente ipotizzabili);
che dunque la domanda riconvenzionale c.d. inedita, cioè non inserita prima in sede mediativa (ad esempio, nella procedura di mediazione iniziata per la domanda principale), deve reputarsi soggetta al tentativo obbligatorio di conciliazione;

che occorre dunque non solo differire l’udienza ex art. 418 cpc in relazione alla domanda riconvenzionale, ma anche assegnare termine ex art. 5 per la domanda di mediazione relativa alla medesima riconvenzionale, rinviando la causa ad epoca successiva al periodo previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 28/10 per il procedimento di mediazione;

P.Q.M.

1. dà termine alla parte convenuta sino a 15 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per presentare la domanda di mediazione ex art. 5 del d.lgs. n. 28/10 in relazione alla domanda riconvenzionale;

2. differisce la prima udienza ex art. 418 cpc al 17.10.2012, ore 11,30.

Si comunichi.

Firenze, 14.2.2012

Il Giudice
Luciana Breggia

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

23 marzo 2012

63/12. SMS e diffamazione: la mediazione non è obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 63/2012)

=> Trib. Varese, 20 dicembre 2011

La responsabilità azionata dall'attore trae linfa da dichiarazioni e sms che la parte convenuta avrebbe reso e inviato sul luogo di lavoro della parte attrice: la diffamazione a mezzo della voce o del telefono non integra gli estremi di quella a mezzo stampa, essendo evidente la disomogeneità strutturale e genetica dei due strumenti diffamatori. Pertanto, in tali casi la mediazione non è obbligatoria in quanto non è possibile l'interpretazione analogia o estensiva dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010 (1) (2).


(2) Cfr. Corte cost. n. 403 del 2007.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 63/2012

Tribunale di Varese
20 dicembre 2011
Ordinanza

L'atto di citazione è stato notificato dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 28/2010 e, dunque, nella vigenza della mediazione cd. obbligatoria per le controversie identificate dal Legislatore nell'art. 5 comma 1 del decreto cit.

Tra le cause soggette all'obbligo della preventiva mediazione, rientrano le controversie da responsabilità civile per "diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità". Nel caso di specie, guardando al petitum sostanziale, la responsabilità azionata dall'attore trae linfa da dichiarazioni e sms che la parte convenuta avrebbe reso e inviato sul luogo di lavoro della parte attrice. SI tratta, a ben vedere, di un evento identico (la presunta diffamazione) con uno strumento diverso (stampa/pubblicità da un lato; telefono/voce dall'altro).

Reputa questo giudice che, in casi quale di specie, la mediazione non sia obbligatoria. L'istituto tipizzato dal legislatore nel decreto 28/2012 va inquadrato sistematicamente nell'ambito delle ipotesi di giurisdizione cd. condizionata, in cui si frappone tra l'utente e l'accesso alla giustizia una condizione di procedibilità. La giurisprudenza Costituzionale, al riguardo, ha, in genere enunciato il principio generale per cui deve essere garantito l'accesso immediato alla giurisdizione ordinaria, ed ha ammesso che questo può essere ragionevolmente derogato; ha, però, precisato che, in questo caso (e, cioè, dove si introduca una giurisdizione cd. condizionata), ciò può avvenire con nonne ordinarie che debbono essere considerate "di stretta interpretazione" (Corte cost., sentenza n. 403 del 2007).

Orbene, l'art. 5, comma 1, d.lgs 28/2010 prevede testualmente l'obbligo della mediazione (per quanto qui interessa) per "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di da responsabilità da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità,". Ebbene, la diffamazione a mezzo della voce o del telefono non integra gli estremi di quella a mezzo stampa, essendo evidente la disomogeneità strutturale e genetica dei due strumenti diffamatori.

Non essendo possibile l'interpretazione analogia o estensiva dell'art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010, la norma non è quindi applicabile nel caso di specie (così già Trib. Varese, sez. I civ., ordinanza 10 giugno 2011 in materia di azione revocatoria ex art. 2901 c.c.).

E' abbastanza evidente lo iato che si crea tra destinatari di un medesimo servizio pubblico (quello di Giustizia) e la difficoltà a reperire un valido appiglio di ragionevolezza per giustificare la diversità: ma sono rilievi che in questo giudizio non rilevano, posto che la parte attrice non è sottoposta alla mediazione obbligatoria e quindi non avrebbe motivi per dolersi della scelta legislativa.

PQM

RINVIA, l'udienza in data (omissis) ore 10.00 per l'udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c.

Si comunichi alle parti.
Giudice Buffone

Varese, 20 dicembre 2011

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

22 marzo 2012

62/12. Mediazione obbligatoria in materia di condominio: nuovo eBook (Osservatorio Mediazione Civile n. 62/2012)

Come noto, dal 21 marzo 2012 è entrata in vigore la mediazione obbligatoria anche per le controversie in materia di condominio.  

Quali sono i processi iniziati successivamente alla data del 21 marzo 2011 con riferimento ai quali, a norma del combinato disposto degli art. 5, comma 1 e 24 d.lgs. n. 28 del 2010, vige l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione?

Cosa si intende per controversie in materia condominiale? Quale, dunque, è l’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria in tale materia?

Quali sono e che poteri/doveri hanno le parti coinvolte in mediazione in materia condominiale (condomini, condominio ed amministratore condominiale)?

A questi ed altri interrogativi è dedicato il nuovo eBook ”La mediazione in materia di condominio” (di G. Spina), edito da Altalex, che, in sede di prima interpretazione, affronta le principali questioni pratico-applicative connesse all'entrata in vigore della mediazione obbligatoria nelle controversie in materia di condominio. 



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 62/2012

21 marzo 2012

61/12. Interdizione e mediazione: il mediatore deve verificare che le parti abbiano piena capacità di disporre del diritto conteso (Osservatorio Mediazione Civile n. 61/2012)

=> Trib. Varese, 13 febbraio 2012

E’ preciso compito dei mediatori accertare che, al tavolo di mediazione, si presentino soggetti con la piena capacità di disporre del diritto conteso, tenuto conto delle pubblicità ex lege sottese alle misure di protezione degli adulti incapaci e della diligenza professionale cui deve godere il mediatore.

Sulla possibilità di assumere decisioni nel corso del processo di mediazione, sussiste il limite degli atti dispositivi di cui agli art. 375 c.c.: il tutore non può, senza autorizzazione del Tribunale (v. artt. 374, 375 c.c.), procedere a transazioni (1) (2).

(1) Art. 374 c.c. Autorizzazione del giudice tutelare.
Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare:
1) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per la economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;
2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio;
3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni;
4) fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età;
5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.

(2) Art. 375 c.c. Autorizzazione del tribunale.
Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale:
1) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento;
2) costituire pegni o ipoteche;
3) procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi;
4) fare compromessi e transazioni o accettare concordati.
L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 61/2012

Tribunale di Varese
Ufficio della Volontaria Giurisdizione
13 febbraio 2012
Decreto 

L’interdetto è comproprietario con alcuni soggetti, di taluni immobili descritti in atti.

I condividenti dell’interdetto hanno presentato domanda presso l’organismo di mediazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese, per sperimentare un tentativo di conciliazione, alla presenza del pupillo, giusta l’art. 5 del d.lgs.28/2010. Il tutore chiede di essere autorizzato a poter partecipare all’incontro fissato dai mediatori, con la possibilità di adottare le soluzioni ritenute più opportune.

Giova ricordare che la partecipazione al tavolo di mediazione è sempre atto da cui può trarre beneficio il litigante, in vista dell’eventuale e futura procedura giudiziaria, trattandosi di un’occasione per la definizione stragiudiziale, nelle forme amichevoli, del contrasto insorto tra le parti. Giova precisare, peraltro, che è preciso compito dei mediatori quello di accertare che, al tavolo di mediazione, si presentino soggetti con la piena capacità di disporre del diritto conteso, tenuto conto delle pubblicità ex lege sottese alle misure di protezione degli adulti incapaci e della diligenza professionale cui deve godere il mediatore.
Sulla possibilità, però, di assumere decisioni nel corso del processo, sussiste il limite degli atti dispositivi di cui agli art. 375 c.c., il tutore non può, senza autorizzazione del Tribunale (v. artt. 374, 375 c.c.), procedere a transazioni.

P.Q.M.

AUTORIZZA il tutore a partecipare a tutti gli incontri dei mediatori, in sostituzione dell’interdetto. 

Letto ed applicato l’art.741, comma II c.p.c.

DISPONE che il decreto abbia efficacia esecutiva immediata.

SI COMUNICHI
Varese, lì 13 febbraio 2012

IL GIUDICE TUTELARE
GIUSEPPE BUFFON

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

20 marzo 2012

60/12. Mediazione obbligatoria anche per condominio e risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti (Osservatorio Mediazione Civile n. 60/2012)

Le disposizioni del decreto legislativo n. 28 del 2010 in tema di mediazione facoltativa e demandata dal giudice sono entrate in vigore il 20 marzo 2010 (1).

La disciplina della mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma 1, invece, ai sensi del primo comma dell’art. 24. d.lgs. n. 28 del 2010, avrebbe dovuto trovare piena applicazione a decorrere dal 21 marzo 2011. Tuttavia, come noto, tale disciplina è entrata in vigore solo parzialmente: come infatti previsto dal medesimo art. 24, d.lgs. n. 28 del 2010, dal 20 marzo 2011 sono entrate in vigore anche le disposizioni in tema di mediazione obbligatoria ad eccezione, però, delle controversie vertenti in tema di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dalla circolazione di veicoli e natanti, il cui assoggettamento alle norme sulla mediazione obbligatoria è stato prorogato di 12 mesi ad opera della l. n. 10 del 2011.
Pertanto, a decorrere dal 21 marzo 2012, anche le controversie in materia di
-          condominio e
-          risarcimento del danno derivante dalla circolazione dalla circolazione di veicoli e natanti
soggiacciono alla disciplina della mediazione.
Il procedimento di mediazione, pertanto, sarà anche con riferimento a tali controversie condizione di procedibilità della domanda giudiziale.



Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 60/2012
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)

19 marzo 2012

59/12. Conciliazione in materia di usucapione: va circoscritta solo all'esistenza dei presupposti di fatto, non all’accertamento del diritto (Osservatorio Mediazione Civile n. 59/2012)

=> Trib. Roma, 8 febbraio 2012

Il verbale di conciliazione giudiziale avente ad oggetto l'accertamento dell'intervenuta usucapione del diritto di proprietà non si risolve in uno degli accordi di cui all'art. 2643 c.c. (e non può in forza di detta norma essere trascritto) perché non realizza un effetto modificativo, estintivo o costitutivo, ma assume al contrario il valore di un mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa e retroattiva, finalizzato a rimuovere l'incertezza, mediante la fissazione del contenuto della situazione giuridica preesistente.

L'accertamento del diritto di proprietà per intervenuta usucapione con valenza erga omnes sfugge alla disponibilità delle parti, essendo riservato al giudice; trattasi di controversia non disponibile per coinvolgere interessi di carattere generale, primo fra tutti l'interesse alla sicura e pacifica circolazione dei beni, che verrebbe ad essere compromessa ove si consentisse alle parti un accertamento di tal tipo (1). La conciliazione in materia di usucapione va quindi circoscritta solo al superamento della lite riguardo all'esistenza dei presupposti di fatto: accertamento del possesso ad usucapionem e non anche dell'effetto maturatosi in forza di esso (accertamento del diritto).

L'accordo conciliativo in materia di usucapione produce effetti solo tra le parti ex art. 1372 c.c. e proprio per questa ragione si colloca su un piano nettamente differente rispetto alle sentenze di usucapione; inoltre, non è idoneo alle formalità pubblicitarie di cui all'art. 2651 c.c. il verbale di conciliazione giudiziale avente ad oggetto l'accertamento dell'acquisto del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento per intervenuta usucapione.


Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 59/2012

Tribunale di Roma
Sezione V
8 febbraio 2012
Decreto  

Fatto

C. B., a seguito dei dubbi manifestati dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari sulla trascrivibilità del verbale di conciliazione giudiziaria del 21.3.2011, in forza del quale si accertava l'intervenuto acquisto per usucapione in favore dell'esponente del diritto di proprietà sul cespite immobiliare sito in Roma, via Largo F., per non poter essere equiparato il verbale de quo alle sentenze di accertamento degli acquisti per usucapione di cui all'art. 2651 c.c., ha presentato istanza per la trascrizione con riserva ex art. 2674 bis c.c., a seguito della quale la Conservatoria ha eseguito la detta formalità.

C. B., nel proporre il presente reclamo, osserva che alla conciliazione si era giunti in difetto di ogni contestazione da parte dei convenuti sull'intervenuta usucapione, quindi " nel concorde e reciproco rilievo circa l'inutilità della prosecuzione del giudizio."

La dedotta intrascrivibilità del verbale di conciliazione avrebbe dunque vanificato ogni utilità del medesimo.

Diritto

Il verbale di conciliazione giudiziale avente ad oggetto l'accertamento dell'intervenuta usucapione del diritto di proprietà non si risolve in uno degli accordi di cui all'art. 2643 c.c., perché non realizza un effetto modificativo, estintivo o costitutivo, ma assume al contrario il valore di un mero negozio di accertamento, con efficacia dichiarativa e retroattiva, finalizzato a rimuovere l'incertezza, mediante la fissazione del contenuto della situazione giuridica preesistente.

Negozio di accertamento in relazione al quale nessuna forma di pubblicità legale è prevista.

Pertanto, il verbale di conciliazione in esame, non essendo riconducibile ad una delle ipotesi di cui alla disposizione normativa di cui all'art. 2643 c.c. non può in forza di detta norma essere trascritto.

Oltretutto, l'accertamento di cui si discute può avere ad oggetto solo il possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti, non potendo essere demandato all'autonomia negoziale l'accertamento del diritto di proprietà per intervenuta usucapione con valenza erga omnes, in quanto simile accertamento sfugge alla disponibilità delle parti, essendo riservato al giudice.

Trattasi di controversia non disponibile per coinvolgere interessi di carattere generale, primo fra tutti l'interesse alla sicura e pacifica circolazione dei beni, che verrebbe ad essere compromessa ove si consentisse alle parti un accertamento di tal tipo.
Ed invero, consentire l'accertamento con effetto erga omnes dell'intervenuto acquisto del diritto per usucapione, andrebbe a minare la funzione di certezza dei rapporti giuridici, ben potendo le parti utilizzare tale istituto non per la composizione di una lite effettiva ma per dissimulare operazioni negoziali illecite, con seri pregiudizi alla circolazione dei beni e alla tutela dell'affidamento dei terzi.
L'assenza di ogni " garanzia di veridicità " in relazione a detto accertamento rende, quindi, il medesimo in grado di compromettere le esigenze di sicurezza nel traffico giuridico sopra richiamate.

Pertanto, si può ritenere che la conciliazione in materia di usucapione debba essere circoscritta solo al superamento della lite riguardo all'esistenza dei presupposti di fatto.
Oggetto della conciliazione potrà essere l'accertamento del possesso ad usucapionem e non anche dell'effetto maturatosi in forza di esso ( accertamento del diritto ).
La conciliazione, dunque, in siffatta materia consente l'utilizzo del negozio di accertamento per risolvere il contrasto fra le parti, eliminando la situazione d'incertezza grazie all'espresso riconoscimento da parte dell'usucapito del possesso ad usucapionem.

Così delimitata l'operatività della conciliazione in materia di usucapione si deve ritenere che nella fattispecie in esame, caratterizzata dalla mancanza di una controversia tra le parti sui presupposti fattuali dell'istituto non essendoci stata in merito alcuna contestazione da parte dell'usucapito, non vi era spazio per la conciliazione.
In tali ipotesi, infatti, la finalità della conciliazione, che si identifica nella prevenzione/risoluzione della lite, giammai potrebbe realizzarsi, perché, non essendovi per l'appunto contestazione sui presupposti fattuali dell'usucapione, non esiste la lite e non c'è alcuna controversia da dirimere.

Pertanto, si potrà ricorrere alla via conciliativa solo quando sussiste una controversia in fatto.

Per concludere, se il fatto è pacifico tra le parti, come nel caso in esame, e se quindi l'usucapiente persegue solo l'interesse, diverso e ulteriore rispetto alla risoluzione della controversia con l'usucapito, di ottenere un accertamento del diritto acquistato per usucapione con valenza erga omnes, non altrimenti ottenibile se non in sede giudiziaria, non potrà utilmente seguire la via conciliativa.

E' evidente che quanto fin qui detto non può essere rimeditato a seguito del D. lgs. n. 28/10 che, nel prevedere tra le controversie soggette alla conciliazione obbligatoria le controversie in materia di diritti reali (art. 5), ha fatto inevitabilmente rientrare tra dette controversie l'istituto dell'usucapione, atteggiandosi quale modo di acquisto del diritto di proprietà e dei diritti reali di godimento.
Ed invero, considerato che in forza dell'art. 2 D. lgs. n. 28/10 l'accesso alla mediazione per la conciliazione è limitato alle controversie vertenti su diritti disponibili, si deve ritenere che solo l'accertamento del possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti può essere demandato all'autonomia negoziale e non anche l'accertamento del diritto di proprietà per intervenuta usucapione con valenza erga omnes, in quanto simile accertamento rientra, come su detto, nel novero degli atti riservati al giudice.
Quindi, dal raffronto degli artt. 2 e 5 del D. Lgs n. 28/10 si può ritenere che la mediazione in materia di usucapione debba essere circoscritta solo al superamento della lite riguardo all'esistenza dei presupposti di fatto.
Pertanto, si potrà, anzi meglio si dovrà, attesa l'obbligatorietà della mediazione, ricorrere alla via conciliativa solo quando sussiste una controversia in fatto, con la conseguenza che se il fatto è pacifico tra le parti l'usucapiente potrà direttamente instaurare il processo innanzi all'autorità giudiziaria, la quale, preso atto della mancanza della lite da conciliare, non potrà rilevare l'improcedibilità della domanda.
Se, invece, la controversia sussiste, l'usucapiente sarà obbligato a seguire la via conciliativa, ma, ove raggiunga l'accordo conciliativo, questo non sarà ostativo per l'instaurazione o la prosecuzione del successivo giudizio innanzi all'autorità giudiziaria al fine di ottenere l'accertamento erga omnes, quindi, di soddisfare il diverso e ulteriore interesse rispetto a quello soddisfatto dalla conciliazione, posto che con l'accordo conciliativo la controversia in fatto fra le parti ( unica per l'appunto mediabile) è venuta meno.

Quanto detto non va a minare la bontà del sistema conciliativo, in quanto il legislatore, nel prevedere strumenti di conciliazione, non ha mai perseguito lo scopo di rendere equivalente il procedimento di conciliazione al processo, quindi, di assicurare alle parti con la conciliazione un risultato equiparabile alle sentenze, sul presupposto che l'intento deflattivo potesse anche in tal modo realizzarsi, ben potendo le parti " accontentarsi " di un risultato minore, che, nella specie, si identificherebbe nell'interesse dell'usucapiente di risolvere la controversia in fatto con colui che formalmente risulta essere proprietario del bene, per non essere dal medesimo pregiudicato nell'esercizio del possesso, interesse, sicuramente meritevole di tutela, tant'è che su tale presupposto è pacificamente ammessa l'eccezione riconvenzionale di usucapione proposta dall'usucapiente al fine esclusivo di paralizzare l'azione reale proposta nei suoi confronti.

L'accordo conciliativo in materia di usucapione, dunque, produce effetti solo tra le parti ex art. 1372 c.c. e proprio per questa ragione si colloca su un piano nettamente differente rispetto alle sentenze di usucapione, le quali, oltre ad eliminare l'incertezza in modo incontrovertibile tra le parti, i loro eredi o aventi causa, producono, altresì, la cosiddetta efficacia riflessa nei confronti dei terzi, tant'è che ne è prescritta la trascrizione, sia pure con il limitato effetto della pubblicità notizia, evidentemente esclusa per il negozio di accertamento, che per la limitata portata dei suoi effetti non può certo paragonarsi alla sentenza.

In conclusione, la sentenza e il negozio di accertamento hanno in comune solo l'effetto di fissare la situazione preesistente, ma l'accostamento non può andare oltre, rimanendo ferma la differenza, soprattutto sotto il profilo degli effetti, posto che il negozio di accertamento rimane tamquam non esset rispetto ai terzi.
Né tantomeno si può ritenere che ove il negozio di accertamento sia contenuto nel verbale di conciliazione giudiziale venga ad essere snaturato dalla sua valenza negoziale e sia, quindi, equiparabile alle sentenze di accertamento da cui risulta acquistato per usucapione uno dei diritti indicati dai numeri 1, 2 e 4 dell'art. 2643 c.c..

Ed invero, l'intervento del giudice, a prescindere dalla circostanza che abbia attivamente partecipato alla composizione, ovvero si sia limitato a registrare l'accordo intervenuto direttamente fra le parti, non altera la natura consensuale dell'atto di composizione che le parti volontariamente concludono. Il giudice si spoglia della sua funzione di accertare chi ha ragione e chi ha torto, offrendo la soluzione, in termini giuridici, del caso concreto, e svolge la funzione di favorire l'incontro tra le volontà delle parti, senza entrare nel merito dei termini dell'accordo, limitandosi ad attribuire all'atto di conciliazione garanzie prettamente formali, dovendo solo controllare, oltre alla sua regolarità da un punto di vista formale, la sua conformità all'ordine pubblico e alle norme imperative; il che nulla ha a che vedere con la decisione di causa contenziosa. In conclusione, gli effetti sostanziali della convenzione sono stabiliti dalla concorde volontà delle parti, volontà che è quella predominante, sia pure favorita ed agevolata dall'opera del giudice per raggiungere l'accordo.

Le considerazioni appena esposte inducono, quindi, a ritenere non idoneo alle formalità pubblicitarie di cui all'art.2651 c.c. il verbale di conciliazione giudiziale avente ad oggetto l'accertamento dell'acquisto del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento per intervenuta usucapione.

Per comprendere il particolare rigore che spinge a delimitare gli effetti del negozio di accertamento in materia di usucapione e ad escluderne la trascrivibilità basta soffermarsi sulla particolare efficacia che il legislatore ha riservato all'istituto dell'usucapione, quale mezzo migliore per dare certezza ai rapporti giuridici e conferire sicurezza alle contrattazioni, rimediando alle inevitabili lacune del nostro sistema di pubblicità legale.
L'usucapione è caratterizzata, infatti, dalla retroattività: l'acquisto non deriva dal precedente proprietario ma è a titolo originario, risale al momento in cui inizia il possesso ad usucapionem e travolge tutti gli atti dispositivi posti in essere dal precedente proprietario anche se debitamente trascritti. Da ciò ne consegue che l'interessato, nella ricerca a ritroso nei registri immobiliari, non è tenuto ad andare oltre ove dovesse scoprire la trascrizione di una sentenza di accertamento per intervenuta usucapione, la quale determinerebbe la fine della catena precedente, che faceva capo al proprietario usucapito, e nel contempo darebbe vita ad una nuova catena di acquisti a titolo derivativo.

Ed è proprio questa particolare forza dell'usucapione che giustifica il rigore che va utilizzato nello stabilire la configurabilità di atti equipollenti alla sentenza di accertamento dell'usucapione e soprattutto la loro idoneità ad essere trascritti, in quanto un'interpretazione liberale tesa a consentire la trascrivibilità determinerebbe l'ingresso nei registri immobiliari di atti che, per non fornire risultanze probatorie privilegiate, sarebbero in grado di pregiudicare la sicurezza nella circolazione dei beni.

PQM

Il Tribunale, in composizione collegiale, sul ricorso avverso la trascrizione con riserva proposto da Celeste Bernabei, così provvede.
Rigetta il reclamo.
Presidente Norelli
Relatore Dedato

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

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