=> Trib. Roma, Sez dist.
Ostia, 5 luglio 2012
L’art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010,
relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato motivo - della
parte convocata – al procedimento di mediazione, prevede che il giudice può
desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, co. 2, c.p.c.; norma richiamata
nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di incentivi e
deterrenti volti a indurre le parti a comparire in sede di mediazione al fine
di pervenire a un accordo amichevole che prevenga o ponga fine alle liti. Ne
consegue che equivarrebbe a tradire
l’intento del legislatore svalutare la portata di tale norma considerandola una
mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei mezzi probatori istituiti
dall’ordinamento giuridico (I) (II).
Giammai la mancata comparizione in sede di
mediazione potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi
giuridica, che dovrà sempre essere risolta esclusivamente
in punto di diritto; infatti lo strumento offerto dall’art. 116 c.p.c. attiene
ai mezzi che il giudice valuta, nell’ambito delle prove libere (vale a dire
dove si esplica il principio del libero convincimento del giudice precluso in
presenza di prova legale ) ai fini dell’accertamento del fatto.
La mancata comparizione della parte
regolarmente convocata davanti al mediatore costituisce di regola elemento integrativo e non decisivo a
favore della parte chiamante, per l’accertamento e la prova di fatti a carico
della parte chiamata non comparsa: secondo le circostanze del caso concreto gli
argomenti di prova che possono essere tratti dalla mancata comparizione della
parte chiamata in mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la
mediazione, obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano
costituire integrazione di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente
fonte di prova.
Fonte:
Osservatorio Mediazione Civile n. 114/2012
Tribunale di Roma,
Sezione distaccata di Ostia
5 luglio 2012
Sentenza
…Omissis…
Occorre
valutare le conseguenze della mancata partecipazione dei convenuti ritualmente
convocati al procedimento di mediazione attivato dall’attrice, su impulso del
giudice ex art.5 decr. lgsl. 28/10 secondo comma (mediazione delegata).
L’art.8 del
decr. lgsl. 28/10 relativamente alla mancata partecipazione senza giustificato
motivo - della parte convocata – al procedimento di mediazione prevede che il
giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi
dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
Quanto alla
possibilità di valorizzare, nel processo, come argomento di prova a sfavore di
una parte determinate condotte della stessa (nella specie la mancata
comparizione in mediazione, senza giustificato motivo, della parte convocata)
si confrontano nella giurisprudenza due diverse opinioni.
Secondo una
prima tesi la decisione del giudice non può essere fondata esclusivamente
sull’art. 116 cpc, cioè su circostanze alle quali la legge non assegna il
valore di piena prova, potendo tali circostanze valere in funzione integrativa
e rafforzativa di altre acquisizioni probatorie.
Secondo altra
opinione non vi è alcun divieto nella legge affinché il giudice possa fondare
solo su tali circostanze la sua decisione, valendo come unico limite quello di
una coerenza e logica motivazionale in relazione al caso concreto.
È espressione
della prima teoria l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo
cui la norma dettata dall’art. 116 comma 2 c.p.c., nell’abilitare il giudice a
desumere argomenti di prova dalle risposte date dalle parti nell’interrogatorio
non formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni da esso
ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo, non
istituisce un nesso di conseguenzialità necessaria tra eventuali omissioni e
soccombenza della parte ritenuta negligente, ma si limita a stabilire che dal
comportamento della parte il giudice possa trarre “argomenti di prova”, e non
basare in via esclusiva la decisione, che va comunque adottata e motivata
tenendo conto di tutte le altre risultanze (fra le tante Cassazione civile,
sez. trib., 17/01/2002, n. 443).
La norma in
questione merita senz’altro una maggiore utilizzazione anche se a differenza di
altri casi in cui da una determinata circostanza è consentito ritenere provato
tout court il fatto a carico della parte che tale circostanza subisce, in
questo caso la legge prevede che il giudice possa utilizzarla per trarre dalle
circostanze valorizzate “argomenti di prova”.
La norma
dell’art.116 cpc viene richiamata dal legislatore della mediazione (art.8
decr.lgs.cit.) nell’ambito della ricerca ed elaborazione di una serie di
incentivi e deterrenti volti a indurre le parti, con la previsione di vantaggi
per chi partecipa alla mediazione e di svantaggi per chi al contrario la
rifugge, a comparire in sede di mediazione al fine di pervenire a un accordo
amichevole che prevenga o ponga fine alle liti.
Ne consegue,
tali essendo le finalità dell’inserimento nel decreto legsl.28/10, che
equivarrebbe a tradire l’intento del legislatore svalutare la portata di tale
norma considerandola una mera e quasi irrilevante appendice nel corredo dei
mezzi probatori istituiti dall’ordinamento giuridico.
Va considerato
che nell’attuale situazione della giustizia civile, affetta da una endemica ed
apparentemente insuperabile crisi principalmente nei tempi di risposta alla
domanda di giustizia, causata dalla imponente mole di cause iscritte nei
tribunali e delle corti; e viste le sempre più gravi conseguenze,
economiche ed ordinamentali, derivanti dal ritardo nella definizione dei
processi; sia necessario rivalutare, senza forzature ma con la doverosa
umiltà dell’interprete, ciò che è scritto nella legge.
È necessario
tuttavia fissare delle regole precise al riguardo.
Deve essere ben
chiaro in primo luogo che giammai la mancata comparizione in sede di mediazione
potrà costituire argomento per corroborare o indebolire una tesi giuridica, che
dovrà sempre essere risolta esclusivamente in punto di diritto.
A favore o
contro la parte non comparsa in mediazione.
Ed infatti lo
strumento offerto dall’art.116 cpc attiene ai mezzi che il giudice valuta,
nell’ambito delle prove libere (vale a dire dove si esplica il principio del
libero convincimento del giudice precluso in presenza di prova legale ) ai fini
dell’accertamento del fatto.
L’argomento di
prova appartiene all’ampio armamentario degli strumenti utilizzati dal giudice
in un ambito in cui non opera la prova diretta, vale a dire quella dove si ha a
disposizione un fatto dal quale si può fondare direttamente il convincimento.
Nel processo di
inferenza dal fatto al convincimento l’argomento di prova ha la stessa
potenzialità probatoria indiretta degli indizi.
E come le
presunzioni semplici ha come stella polare il criterio della prudenza (art.2729
cc) che deve illuminarne l’utilizzo da parte del giudice.
Ciò detto si
ritiene di poter affermare che la mancata comparizione della parte regolarmente
convocata, come nel caso in esame, davanti al mediatore costituisce di regola
elemento integrativo e non decisivo a favore della parte chiamante, per
l’accertamento e la prova di fatti a carico della parte chiamata non comparsa.
Con ciò non si
intende svalorizzare quella giurisprudenza della Suprema Corte che ha ritenuto
che l’effetto previsto dall’art.116 cpc può – secondo le circostanze – anche
costituire unica e sufficiente fonte di prova (Cassazione civile, sez. III,
16/07/2002, n. 10268, che così si esprime: Quanto a questa ultima norma –
art.116 cpc n.d.r.- in particolare, essa attribuisce certo al giudice il
potere di trarre argomento di prova dal comportamento processuale delle parti –
e però, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ciò non significa
solo che il comportamento processuale della parte può orientare la valutazione
del risultato di altri procedimenti probatori, ma anche che esso può da solo
somministrare la prova dei fatti, Cass. 6 luglio 1998 n. 6568; 1 aprile 1995 n.
3822; 5 gennaio 1995 n. 193; 14 settembre 1993 n. 9514; 13 luglio 1991 n. 7800;
25 giugno 1985 n. 3800).
Ritiene infatti
il giudice che secondo le circostanze del caso concreto gli argomenti di prova
che possono essere tratti dalla mancata comparizione della parte chiamata in
mediazione ed a carico della stessa nella causa alla quale la mediazione,
obbligatoria o delegata, pertiene, a seconda dei casi possano costituire integrazione
di prove già acquisite, ovvero unica e sufficiente fonte di prova.
Quanto al
giustificato motivo dell’assenza, l’affermazione della convenuta circa la
sussistenza dello stesso in relazione alla ritenuta erroneità della sentenza
parziale, da essa appellata, non può essere condivisa.
Traslando tale
ragionamento in generale si potrebbe infatti affermare che ogni qualvolta la
controparte ritenga erronea la tesi della parte che l’ha convocata in
mediazione (in questo caso la censura riguarda la sentenza del giudice), e
pertanto inutile la sua partecipazione all’esperimento di mediazione, sia
validamente dispensata dal comparirvi.
L’esponente non
si avvede che in tal modo sussisterebbe sempre un giustificato motivo di non
comparizione, se è vero com’è vero che se la controparte condividesse la tesi
del suo avversario (o come in questo caso, le ragioni della sentenza non
definitiva emessa a suo carico) la lite non potrebbe neppure insorgere e se
insorta verrebbe subito meno. La ragione d’essere della mediazione si fonda
proprio sulla esistenza di un contrasto di opinioni, di vedute, di volontà, di
intenti, di interpretazioni etc. che il mediatore esperto tenta di
sciogliere favorendo l’avvicinamento delle posizioni delle parti fino al
raggiungimento di un accordo amichevole.
In questo caso
poi l’assicuratore aveva una doppia ragione per partecipare alla mediazione: da
una parte la sussistenza dell’usuale conflitto di opinioni fra le parti che in
questo caso verteva sulla sussistenza o meno dell’inadempimento ritenuto
sussistente dall’attrice ed insussistente dai convenuti. Dall’altra la
circostanza che il giudice aveva nella sostanza condiviso l’opinione
dell’attrice, peraltro con motivazioni specifiche ed aderenti alle risultanze
istruttorie.
Inoltre la
giustificazione dell’assicuratore secondo cui contro la sentenza, ritenuta
errata, era in corso di predisposizione l’appello contiene in re ipsa
un’aporia: proprio perché il percorso giudiziario è ancora lungo ed incerto
(quand’anche riformasse la sentenza, vi è pur sempre …) la mediazione può
svolgere a pieno il suo ruolo.
Ed invero con
la sentenza che accertava e dichiarava l’inadempimento dell’assicuratore, il
giudice, senza omettere di segnalare l’eccessività dell’importo richiesto
dall’attrice, avviava le parti, con un robusto bagaglio di elementi su cui
discutere, alla mediazione proprio per offrire loro la possibilità di regolare
consensualmente il rapporto sub judice.
Risulta
pertanto evidente e comprovato che nel caso di specie non solo non sussiste un giustificato
motivo per la mancata comparizione dell’assicuratore nel procedimento di
mediazione; ma tale ostinato rifiuto è del tutto irragionevole ed inescusabile.
Nel merito nel
caso di specie dal combinato disposto degli artt. 8 del decr.lgsl 28/10 comma
5° e 116 cpc, considerati tutti gli elementi acquisiti al processo, la certezza
del danno, il non apprezzabile contegno processuale delle convenute che pur
essendo palesemente in torto non hanno avanzato alcuna offerta transattiva, si
ritiene raggiunta la prova – senza necessità di ricorrere a consulenza
tecnica- del buon diritto dell’attrice a percepire la somma che si
ritiene di liquidare, equitativamente, a titolo di risarcimento dei danni,
nell’importo di euro 42.000,00.
Oltre interessi
legali dalla domanda e fino al saldo.
A tal fine
vanno considerati: l’elevato importo del contratto di appalto ed il numero
ristretto di concorrenti ammessi (solo due, compresa l’attrice).
Naturalmente
l’importo suddetto (euro 1.860.000) non corrisponde all’effettivo guadagno che
ne avrebbe tratto la società dovendo essere considerate e decurtate le spese.
Configurando
prudenzialmente un guadagno netto di euro 20.000 annui per tre anni e detraendo
il 30% per la perdita della chance, che si considera a favore dell’attrice
concreta ed elevata di potersi aggiudicare l’appalto.
La mancata
comparizione in mediazione da parte delle convenute in presenza di tali
importanti elementi, fra i quali la sentenza non definitiva, attesta la
consapevolezza di essere in torto ed il perseguimento di intenti dilatori.
Le spese
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
La
sentenza è per legge esecutiva.
P.Q.M.
definitivamente
pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così
provvede:
condanna Agenzia assicurativa --- snc nonché
di Assicurazioni --- spa in persona del suo legale rappresentante pro
tempore al risarcimento dei danni che liquida in favore della parte
attrice in persona del suo legale rappresentante pro tempore nella
complessiva somma di euro --- oltre interessi legali dalla data della
domanda al saldo;
condanna Agenzia assicurativa --- snc nonché di
Assicurazioni --- spa in persona del suo legale rappresentante pro tempore, in
solido, al pagamento delle spese di causa che liquida in favore della parte
attrice in persona del suo legale rappresentante pro tempore in complessivi
euro --- di cui euro --- per spese, oltre IVA e CAP;
sentenza esecutiva
Ostia lì
5.7.2012
Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi
AVVISO.
Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.