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24 maggio 2012

86/12. Dipendente pubblico e mediatore professionista: i chiarimenti del dipartimento della Funzione Pubblica del 24 gennaio 2012 (Osservatorio Mediazione Civile n. 86/2012)

Il dipendente pubblico può svolgere l’attività di mediatore professionista?

È compatibile lo status di dipendente pubblico con lo svolgimento dell’attività di mediazione?

In assenza di specifiche disposizioni contenute nel d.lgs. n. 28 del 2010, la questione è stata oggetto del Parere 24 gennaio 2012 n. 1 recante “attività di mediatore per i pubblici dipendenti – d.lgs. n. 28 del 2010”, reso dal Servizio studi e consulenza per il trattamento del personale, Dipartimento della Funzione Pubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, inviato alla Corte dei conti.

In vero l’art. 6, comma 4 d.m. n. 180 del 2010 dispone che le violazioni degli obblighi inerenti le dichiarazioni relative ai requisiti per l'esercizio delle funzioni di mediatore previste dal medesimo art. 6 “commesse da pubblici dipendenti o da professionisti iscritti ad albi o collegi professionali, costituiscono illecito disciplinare sanzionabile ai sensi delle rispettive normative deontologiche” (1).

Ciò considerato, il Dipartimento della Funzione Pubblica osserva che le norme sui dipendenti pubblici rilevanti al fine di risolvere l’interrogativo posto sono le seguenti: 
-         art. 60, d.P.R. n. 3 del 1957, che fissa il principio generale sulle incompatibilità per il pubblici dipendenti secondo cui “l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati, o accettare cariche in società costituite a fine di lucro”;
-         art. 1, commi 56 e ss. l. n. 662 del 1996 che, in deroga al principio sopra richiamato, consente l’iscrizione agli albi professionali e lo svolgimento della relativa attività ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno;
-         art. 53 d.lgs. n. 165 del 2001, che non consente al dipendente pubblico lo svolgimento di incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza.

La compatibilità tra dipendente pubblico e mediatore professionista sembra quindi ammissibile: in particolare, col parere in oggetto, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha osservato che detta questione “deve essere affrontata in base ai principi generali che presidiano la materia delle incompatibilità e le relative valutazioni dovranno essere compiute dall'amministrazione in sede di istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione ex art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001”.
Dal parere in commento, si desume che i principi in base ai quali indagare in ordine alla compatibilità tra dipendente pubblico e mediatore professionista dovrebbero essere i seguenti:
-         l’attività istruttoria sopra richiamata dovrebbe essere compiuta sui singoli incarichi in affidamento;
-         dovrà essere preso in considerazione “l'impegno” richiesto al mediatore;
-         dovrà essere presa in considerazione la natura degli affari da trattare, i quali:
o        dovranno essere caratterizzati da occasionalità;
o        non dovranno presentare profili di conflitto di interesse rispetto all'attività istituzionale.

Il dipendente pubblico può dunque svolgere l’attività di mediatore professionista previo rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 53, d.lgs. n. 165 del 2001.
Al riguardo, il Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che detta autorizzazione non potrà essere accordata nei seguenti casi:
-         l’espletamento degli incarichi di mediazione integri svolgimento di attività professionale, preclusa al pubblico dipendente a tempo pieno se svolta con abitualità, sistematicità e continuità (2);
-         l'oggetto dell'incarico evidenzi situazioni di conflitto di interesse.

Dovrà in ogni caso essere specificato dall'amministrazione “che l'incarico dovrà svolgersi al di fuori dell'orario di lavoro, eventualmente mediante utilizzo degli istituti contrattuali che disciplinano le assenze del personale, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione”.

Si riporta di seguito il testo trascritto del parere in oggetto, pubblicato sul sito web del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (sezione Pareri e note circolari sul lavoro pubblico).

(1) Si veda art. 6, d.m. n. 180 del 2010 aggiornato alle modifiche introdotte dal d.m. n. 145 del 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(2) Cfr. art. 5, d.P.R. n. 633 del 1972 e art. 53, d.P.R. n. 917 del 1986; sul punto si veda anche Cass. n. 9102 del 2003. Cass. n. 9019 del 1993 e Cass. n. 15538 del 2002.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 86/2012

Presidenza del consiglio dei ministri
Dipartimento della Funzione Pubblica
SERVIZIO STUDI E CONSULENZA TRATTAMENTO PERSONALE

Alla corte dei conti
Via Baiamonti 25
ROMA

OGGETTO: attività di mediatore per i pubblici dipendenti - d.lgs. n. 28 del 2010.

Si fa riferimento alla lettera n. 993 del 7 giugno 2011, con cui sono state chieste eventuali indicazioni interpretative in merito al regime autorizzatorio per lo svolgimento dell'attività di mediatore da parte dei pubblici dipendenti. Analoghe richieste di chiarimento sono poi pervenute anche da altre amministrazioni.

La recente disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e d.m. 18 ottobre 2010, n. 180) ha fatto sorgere dei dubbi circa la compatibilità tra lo status di pubblico dipendente e lo svolgimento dell'attività di mediazione, in quanto è stata introdotta una nuova figura, quella del mediatore, e la normativa di riferimento non contiene una specifica previsione né dispone particolari divieti. Infatti, l'unico riferimento ai pubblici dipendenti rintracciabile nelle fonti è quello del comma 4 dell'articolo 6 del d.m. n. 180 del 2010, il quale, in materia di dichiarazioni rese al fine dell'iscrizione dei mediatori nelle relative sezioni del registro degli organismi di mediazione, prevede che "Le violazioni degli obblighi inerenti le dichiarazioni previste dal presente articolo, commesse da pubblici dipendenti o da professionisti, iscritti ad albi o collegi professionali, costituiscono illecito disciplinare sanzionabile ai sensi delle rispettive normative deontologiche. Il responsabile è tenuto a informarne gli organi competenti”, accordando rilevanza all'ordinamento deontologico di appartenenza.

In proposito, come noto, l'articolo 60 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, richiamato dall'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fissa il principio generale sulle incompatibilità per il pubblici dipendenti secondo cui "L'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati, o accettare cariche in società costituite a fine di lucro...". Tale principio è poi derogabile in presenza di particolari presupposti; in particolare, per quanto riguarda lo svolgimento di attività professionale, l'articolo 1, comma 56, e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662, consente l'iscrizione agli albi professionali e lo svolgimento della relativa attività ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno; inoltre, l'art. 53 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 non consente al dipendente pubblico lo svolgimento di incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza.

Ciò premesso, la questione della possibilità per i pubblici dipendenti di esercitare funzioni di mediazione deve essere affrontata in base ai principi generali che presidiano la materia delle incompatibilità e le relative valutazioni dovranno essere compiute dall'amministrazione in sede di istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione ex art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale istruttoria dovrebbe essere compiuta sui singoli incarichi in affidamento, tenendo presenti l'impegno e la natura degli affari da trattare, che dovranno essere caratterizzati da occasionalità e non dovranno presentare profili di conflitto di interesse rispetto all'attività istituzionale.

L'autorizzazione non potrà quindi essere accordata lì dove l'espletamento degli incarichi integri svolgimento di attività professionale, preclusa al pubblico dipendente a tempo pieno se svolta con abitualità, sistematicità e continuità (art 5 del d.P.R. n. 633 dei 1972; art. 53 del d.P.R. n. .917 del 1986; v. anche Cass. civ, I, n. 9102/2003; Cass. civ, II, n. 9019/1993, Cass. civ. V, n. 15538/2002), ovvero quando l'oggetto dell'incarico evidenzi situazioni di conflitto di interesse. Inoltre, dovrà essere specificato dall'amministrazione che l'incarico dovrà svolgersi al di fuori dell'orario di lavoro, eventualmente mediante utilizzo degli istituti contrattuali che disciplinano le assenze del personale, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione.

Al fine di assicurare omogeneità di trattamento e di attuare la trasparenza dell'azione amministrativa, sarebbe opportuno che ciascuna amministrazione adottasse dei criteri generali per il rilascio delle autorizzazioni, in cui potranno essere indicate eventuali ipotesi di conflitto di interesse (in relazione sia alle funzioni svolte dall'amministrazione di appartenenza sia alle specifiche competenze dell'Ufficio e del Servizio in cui il dipendente è collocato) e limiti e condizioni cui le autorizzazioni potranno essere assoggettate (divieto di svolgere l'attività durante l'orario di lavoro e nei locali dell'ufficio o con utilizzo di mezzi di proprietà dell'amministrazione) anche al fine di evitare la violazione o l'elusione del divieto di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957 (ad esempio, numero tendenziale di incarichi rilasciabili nel corso dell'anno; preclusione all'apertura della partita I.V.A.). In tale contesto, sarebbe anche opportuno indicare tra i criteri generali l'obbligo della comunicazione preventiva all'amministrazione rispetto alla manifestazione di disponibilità all'organismo (art. 6, comma 2, lett. a, d.m. n. 180 del 2010), chiarendo contestualmente che la conoscenza di tale dichiarazione non comporta per l'amministrazione automatica acquiescenza rispetto allo svolgimento degli incarichi e/o al rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento degli stessi.

Ai fini dell'elaborazione dei predetti criteri, si ritiene utile segnalare, infine, che, in base all'articolo 18 del d. m. 18 ottobre2010, n. 180, è previsto lo svolgimento da parte del mediatore di percorsi formativi e di aggiornamento per la cui frequenza il dipendente autorizzato potrà fruire, compatibilmente con le esigenze di servizio, degli istituti contrattuali utilizzabili in tali casi (ferie, permessi non retribuiti).

Il presente avviso è trasmesso per conoscenza al Ministero della giustizia-Dipartimento per gli affari di giustizia- Direzione generale della giustizia civile, quale Amministrazione responsabile della tenuta del registro degli organismi di mediazione e del relativo procedimento d'iscrizione.

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Cons. Antonio Naddeo

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.