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3 aprile 2012

68/12. Congresso straordinario forense, 23-24 Marzo: l’Avvocatura chiede l’eliminazione della mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 68/2012)

In seno al Congresso straordinario forense svoltosi a Milano il 23 e 24 marzo 2012, l’Avvocatura ha inviato al Presidente del consiglio Monti ed al ministro della Giustizia Severino
14 mozioni conclusive sui vari temi, chiedendo, per quanto riguarda la giustizia civile, l’eliminazione della media-conciliazione obbligatoria.

In particolare, con la mozione sul processo civile si è evidenziato, facendo esplicito riferimento alla mediaconciliazione obbligatoria, l’intento del Legislatore “di puntare non già a fornire una risposta adeguata, rapida e qualitativa alle istanze di giustizia, ma ad una vera e propria disincentivazione all’utilizzo del processo, operata, peraltro, a danno dei soggetti economicamente più deboli”.

Proprio la mediaconciliazione obbligatoria, si legge nel documento, si è rilevato “un vero e proprio flop”.
Al di là di dichiarazioni di principio, non mancano critiche all’onerosità della mediazione obbligatoria ed alla professionalità di mediatori ed organismi: i cittadini risultano infatti costretti, prosegue la mozione in parola, “a sopportare costi notevoli, a fronte di organismi di mediazione e mediatori di scarsa qualità e di incerte origini e controllo”.
Criticità della mediazione, queste, in vero sollevate già dalla giurisprudenza e da attenta dottrina.

L’avvocatura ha così esplicitamente richiesto al Presidente Monti e al Ministro Paola Severino, tra l’altro:  

-         di sospendere l’operatività della mediazione “fino alle decisioni che saranno adottate dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia Europea”;

-         di procedere, in ogni caso, previo confronto con l’avvocatura, alla riforma del procedimento di mediazione, puntando su:

a)     mediazione facoltativa (si domanda, in particolare, “l’inserimento di incentivi più incisivi di quelli attualmente previsti, che rendano il ricorso alla mediazione facoltativa ed alla conseguente conciliazione più vantaggioso per le parti”);
b)     formazione dei mediatori (si domanda di individuare “strumenti idonei a garantire le capacità professionali e culturali dei mediatori, il loro aggiornamento professionale e la trasparenza degli Organismi di conciliazione”, riducendo i costi del procedimento);
c)     valorizzazione del ruolo dell’avvocato (invitando il Parlamento ad una rapida calendarizzazione ed approvazione del disegno 2772 - Convenzione per la conciliazione del contenzioso civile presentato al Senato, che riconosce agli  avvocati “un ruolo centrale nell’assistere nella negoziazione finalizzata alla ricerca di un accordo”, peraltro sottolineando la “funzione socialmente orientata” svolta dall’avvocato “proprio a prevenire l’insorgere delle liti”.

Si riporta di seguito il testo della Mozione sul Processo civile, così come pubblicata sul sito web dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 68/2012

CONGRESSO STRAORDINARIO FORENSE

Milano 23 - 24 marzo 2012

La riforma del processo civile deve puntare allo snellimento ed alla velocizzazione dei giudizi, senza comprimere il diritto di difesa dei cittadini.

Non vi è alcun dubbio che gli ultimi interventi legislativi in materia di processo civili sono stati caratterizzati dalla mancanza di un disegno programmatico complessivo e dall’intento di sopperire alle croniche carenze strutturali e di organico, oltre che alla farragginosità dei sistemi e delle norme processuali, con strumenti finalizzati esclusivamente a rendere più difficoltoso ed oneroso l’accesso alla Giustizia per i cittadini.

L’intento del Legislatore è stato chiaramente quello di puntare non già a fornire una risposta adeguata, rapida e qualitativa alle istanze di giustizia, ma ad una vera e propria disincentivazione all’utilizzo del processo, operata, peraltro, a danno dei soggetti economicamente più deboli.

In particolare, la mediaconciliazione obbligatoria, pubblicizzata come strumento idoneo a ridurre in modo esponenziale le pendenze processuali, si è rivelato un vero e proprio flop, come preconizzato dall’Avvocatura, in quanto i numeri delle conciliazioni giunte a buon fine sono di gran lunga inferiori a quelle ipotizzate in sede di presentazione della nuova disciplina.
Il procedimento di mediazione, inoltre, è stato rimesso all’esame della Corte Costituzionale e della CEDU, per evidenti dubbi di violazione delle norme costituzionali e comunitarie e si attendono a breve le decisioni.

Il procedimento di mediazione si è rivelato, infine, particolarmente esoso per i cittadini, costretti – anche a seguito dei successivi interventi legislativi e regolamentari finalizzati a potenziare surrettiziamente il debole strumento di ADR messo in campo – a sopportare costi notevoli, a fronte di organismi di mediazione e mediatori di scarsa qualità e di incerte origini e controllo.

Altri interventi normativi, pur encomiabili, perché astrattamente miranti a razionalizzazione le procedure, come la riduzione dei riti processuali, non hanno apportato alcun sostanziale beneficio, né in termini di velocizzazione delle decisioni, né in termini di concreto beneficio per gli operatori del diritto, non essendo stati supportati dai necessari investimenti.

Per di più, gli interventi legislativi sembrano ispirati da un preconcetto negativo nei confronti dell’Avvocatura, quasi che la stessa si attivi autonomamente nel ricorso allo strumento processuale e non sulla base di un preciso mandato dei cittadini e della crescente domanda di giustizia che dagli stessi promana, Così, ad esempio, l’istanza di prosecuzione dei giudizi di impugnazione, fortunatamente abrogata dal Parlamento dopo un primo, incerto e dannoso, periodo di vigenza; la previsione di una condanna accessoria, di consistente entità, per la parte che richieda infondatamente la sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza; la limitazione del potere del giudice di liquidare le spese di giudizio in misura superiore al valore della causa, i ripetuti tentativi, sin qui non arrivati a buon fine, di introdurre l’istituto della motivazione a pagamento, e comunque, di limitare il diritto d’impugnazione.

In particolare va documentato che preoccupante appare la frequenza con la quale il Legislatore ha aumentato gli importi del contributo unificato, estendendone l’applicazione anche a settori (procedimenti per separazioni e divorzio, cause di lavoro e previdenziali) storicamente esenti, senza, peraltro, prevedere il totale reinvestimento delle maggiori entrate conseguite per un migliore funzionamento della macchina giudiziaria, le cui dotazioni si sono, viceversa, ridotte.

Da considerare inoltre la situazione in cui versa il patrocinio dei non abbienti, atteso che il limite di reddito oggi previsto per l’accesso alla procedura è del tutto inadeguato con la conseguenza che gli esponenziali aumenti del contributo unificato restano comunque e sempre a carico di parti economicamente deboli, situazione ulteriormente aggravata dalla cronica carenza dei fondi per il pagamento delle spese, con la conseguenza che l’onere della difesa finisce col gravare unicamente sugli Avvocati, rendendo ancora più gravoso il mandato difensivo.

Da ultimo, l’istituzione del Tribunale delle Imprese, che a tutti gli effetti è un Giudice speciale, di per sé vietato dalla Costituzione, e il notevole ampliamento delle sue competenze (non compatibile con le funzioni proprie delle sezioni specializzate), con estensione anche alle società a responsabilità limitata, che costituiscono il modello societario di gran lunga maggioritario in tutto il territorio nazionale, pone gravi interrogativi. In primo luogo, appare evidente il tentativo, meramente ipotetico, di creare una Giustizia a due velocità. Da un lato la  Giustizia per i cittadini comuni sarà affidata a giudici ordinari e dovrà scorrere sui lenti binari di un processo civile agonizzante, che nessuno degli interventi riformatori dell’ultimo ventennio ha saputo rivitalizzare, perché non accompagnati da adeguati investimenti, miglioramento delle strutture ed aumento del personale di cancelleria (ridottosi, invece, di un terzo) e degli organici della magistratura. Dall’altro, la giustizia per le imprese e le società commerciali, invece, dovrebbe scorrere sui binari di un’alta velocità con la quale, tuttavia, ha in comune soltanto il raddoppio del prezzo del biglietto, perché, se anche questa riforma, come espressamente previsto dalla legge sulle liberalizzazioni, dovrà essere eseguita a “costo zero”, senza destinazione di risorse aggiuntive, lo straordinario aumento delle pendenze finirà per soffocare le sezioni specializzate (raro esempio di efficienza nell’ambito della giurisdizione civile), costringendo ad operare consistenti applicazioni di magistrati ordinari a queste sezioni con perdita della caratteristica di particolare professionalità e specializzazione propria dei magistrati attualmente adibiti alle stesse adibiti.

Altra grave criticità, connessa all’istituzione del Tribunale delle Imprese è l’allontanamento fisico e geografico dell’utente del servizio giustizia (in questo caso le imprese) dalla sede giudiziaria, con un conseguente aumento dei costi, determinati non soltanto dal raddoppio del contributo unificato, che appare ingiustificato e mirante unicamente a disincentivare ulteriormente l’accesso al processo, ma anche dalla necessità di raggiungere Tribunali distanti anche più di 200 Km rispetto al centro di interessi dell’utente medesimo.
Le finalità di attrarre capitali stranieri, da sempre utilizzate come alibi per l’approvazione di norme processuali, possono essere perseguite solo attraverso l’avvio un serio progetto riformatore del giudizio civile, sul quale non si può intervenire con provvedimenti disarticolati, spesso adottati con l’improprio strumento del decreto legge e con tecnica legislativa incerta e spesso clamorosamente erronea e contraddittoria, ma attraverso un serio e costruttivo confronto con l’avvocatura; la stessa avvocatura non può e non deve essere considerata come un impedimento o un intralcio alla razionalizzazione delle norme processuali, ma, viceversa, l’indispensabile e competente ausilio all’individuazione di soluzioni efficienti, tecnicamente ineccepibili e rispettose dei diritti costituzionalmente garantiti di difesa e di giusto processo.
L’utilizzo della magistratura onoraria, ormai indispensabile per il funzionamento della macchina giudiziaria, prosegue senza una seria ed adeguata regolamentazione, con incertezza sulle effettive funzioni delegabili ai magistrati onorari, di volta in volta affidate a normative di secondo grado (regolamenti, circolari, ovvero, a meri ordini di servizio), nonché sullo status, anche previdenziale, dei magistrati onorari e con proroghe dei loro incarichi adottate in via di urgenza e senza alcun controllo sulla qualità del servizio reso.

Sono le precedenti considerazioni anzitutto quella che l’Avvocatura italiana riunitasi nel Congresso Straordinario di Milano, ha assunto alla base di esplicite richieste al Presidente Monti e al Ministro Paola Severino

- di prendere atto del fallimento del procedimento di mediazione disponendo con provvedimento urgente la sospensione dell’operatività dello stesso fino alle decisioni che saranno adottate dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia Europea;

- di procedere, in ogni caso, previo confronto con l’avvocatura, alla riforma del procedimento medesimo, prevedendo l’inserimento di incentivi più incisivi di quelli attualmente previsti, che rendano il ricorso alla mediazione facoltativa ed alla conseguente conciliazione più vantaggioso per le parti; individuando strumenti idonei a garantire le capacità professionali e culturali dei mediatori, il loro aggiornamento professionale e la trasparenza degli Organismi di conciliazione e riducendo i costi del procedimento.

L’avvocatura insiste in ogni caso nelle richieste
- di istituire e regolamentare altri strumenti ADR, che valorizzino il ruolo del professionista-avvocato, del valore di titolo esecutivo agli atti di transazione sottoscritta dalle parti con l’assistenza e l’autentica delle sottoscrizioni da parte di rispettivi legali. In proposito il Parlamento dovrà procedere ad una rapida calendarizzazione ed approvazione del disegno 2772 presentato al Senato sotto il nome di “Convenzione per la conciliazione del contenzioso civile”questo disegno ha la finalità di offrire ai cittadini ed alle imprese una procedura conciliativa alternativa al contenzioso e concorrente con altri sistemi di ADR.

Con questa procedura si riconosce alle parti il potere di autoregolamentazione dei loro rapporti senza diminuire le loro tutele e ai rispettivi avvocati un ruolo centrale nell’assistere nella negoziazione finalizzata alla ricerca di un accordo, che una volta raggiunto viene certificato dagli avvocati è poi controllato e omologato dal giudice, così da renderlo esecutivo.

A tal riguardo sottolinea come la funzione e la figura dell’avvocato in queste procedure, diventa funzione socialmente orientata proprio a prevenire l’insorgere delle liti e che tramite l’omologa del giudice, si assicura alle parti la “sicurezza giuridica” degli accordi raggiunti, rendendoli – a loro richiesta – esecutivi e trascrivibili.

Nel Congresso forense l’Avvocatura ha altresì richiesto al Presidente del Consiglio e a Ministro della Giustizia di procedere all’avvio del progetto di riforma del processo civile, adeguatamente finanziato con risorse suppletive da ricavarsi dal FUG e da risparmi di spesa da eseguirsi soprattutto nel settore penale eliminando sprechi inconcepibili (come le ripetute condanne per violazione della legge Pinto o l’acquisto e la manutenzione del c.d. braccialetti elettronici, mai effettivamente utilizzati, ovvero la razionalizzazione delle spese per consulenze tecniche e intercettazioni) da realizzarsi previo confronto e con la collaborazione dell’Avvocatura e della Magistratura,improntato sulla codificazione delle prassi virtuose sperimentate con successo in numerosi tribunali, grazie alla costituzione di tavoli di confronto degli operatori del diritto e l’adozione di protocolli, contraddistinto da un sistema rigido di preclusioni e di termini processuali perentori validi ed obbligatori per tutti i soggetti del processo, compresi i giudici ed i loro ausiliari.

Ed infine da un incremento di strumenti finalizzati alla conclusione anticipata del giudizio, mediante l’adozione di provvedimenti interinali di natura cautelare o provvisoria, destinati a diventare definitivi in caso di mancata impugnazione e in ogni caso destinando i proventi dei contributi unificati, comunque da ridurre, all’esclusivo miglioramento del servizio giustizia;

Appare necessario un piano eccezionale per lo smaltimento dell’arretrato civile, a tal fine utilizzando tutte le risorse umane a disposizione, con drastica riduzione dei Magistrati sottratti alla funzione giudicante ed una revisione delle piante organiche, che privilegi i ruoli civili rispetto a quelli penali , nonché introducendo rilevanti incentivazioni di ordine economico perle parti in caso di conciliazione.

Ma vi sono anche altre richieste: il varo di una riforma organica che tenga conto delle proposte da tempo inoltrate al Governo ed al Parlamento dall’avvocatura, completando allo stesso tempo l’informatizzazione degli uffici giudiziari e dare piena e definitiva attuazione sull’intero territorio nazionale al PCT.

Infine, rilevato che il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi è affermato dall’art.24 Costituzione cos come il diritto ad un equo processo è affermato dall’art.6 CED, chiede che il Governo costituisca un tavolo di lavoro cui partecipino quali necessari interlocutori anche i rappresentanti dell’Avvocatura nelle sue articolazioni istituzionali ed associative, al fine di attuare in tempi brevissimi una riforma delle spese di giustizia che ne riduca drasticamente i costi e consenta ai cittadini di esercitare concretamente il diritto di accesso alla giustizia.

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.