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26 gennaio 2012

23/12. Brevi note sull’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria (Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2012)


Brevi note sull’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria
di Giulio Spina (*)


1. La questione.

Dalla lettura dell’elenco fornito dall’art. 5, primo comma d.lgs. n. 28 del 2010 (1) non è del tutto agevole definire l’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria: il primo comma dell’art. 5 in parola, infatti, individua solo in modo generico le controversie assoggettate alla disciplina della mediazione obbligatoria, con la conseguente difficoltà per l’interprete di comprendere se la singola controversia oggetto d’indagine debba soggiacere o meno alla disciplina della mediazione obbligatoria (e, in primis, alla sanzione dell’improcedibilità della domanda in giudizio).

In base a quali criteri una singola lite va considerata assoggettata alla disciplina della mediazione obbligatoria?


2. La rilevanza del quesito.

La portata pratica della questione è evidente:
-          per l’avvocato (sin dalla fase di pianificazione di qualunque strategia, non solo processuale, ma anche stragiudiziale, e, ad ogni modo, sia che si assista il futuro eventuale attore, sia il convenuto);
-          per il giudice (che dovrà decidere sull’eventuale procedibilità dell’azione);
-          per le parti in lite (al fine di valutare e comparare tempi, costi, obblighi e sanzioni relativamente alle azioni giudiziarie od extragiudiziarie da intraprendere, anche in quanto i costi di un procedimento di mediazione (2) variano a seconda che si tratti di mediazione obbligatoria o meno);
-          per gli organismi di mediazione (se non altro per profili organizzativi nonché in ragione dei differenti costi delle mediazioni obbligatorie rispetto a quelle volontarie).


3. Il criterio del petitum sostanziale

Occorre pertanto identificare dei parametri interpretativi volti a stabilire se la controversia di volta in volta considerata sia da considerarsi compresa o esclusa dalla disciplina della mediazione obbligatoria.

A tal fine, si ritiene debba innanzitutto farsi riferimento ai criteri propri della disciplina del diritto processuale civile, in quanto la mediazione obbligatoria prevedendo, come noto, un’ipotesi di condizione di procedibilità, incide sul processo entrando quasi, per alcuni aspetti, a farne parte. Al riguardo, sebbene il processo ordinario sia altro rispetto al procedimento di mediazione ed entrambi conservino una propria autonoma identità, è indubbio che la mediazione obbligatoria influenzi fortemente le sorti del successivo (eventuale) processo giudiziario.

Come noto, illustrando i fatti costitutivi della domanda, l’atto di citazione determina l’oggetto del processo, dunque anche l’ambito di pronunzia del giudice a norma dell’art. 112 c.p.c. Ciò considerato, si ritiene che ai fini dell’identificazione della materia in cui verte ogni singola controversia allo scopo di comprendere se la lite in questione rientri o meno nell’alveo applicativo della disciplina della mediazione obbligatoria ad una singola controversie, debba farsi innanzitutto riferimento alla domanda proposta dalle parti, ovvero all’oggetto della loro pretesa e, in particolare, al piano sostanziale della medesima. In merito all’oggetto della domanda, occorre fare riferimento al concetto di petitum e, in particolare, a quello di petitum sostanziale, inteso, appunto, come il bene che la parte vuole ottenere.

Pertanto, si ritiene che anche in tema di indagine in ordine all’ambito di applicazione della mediazione obbligatoria occorre fare riferimento al contenuto sostanziale delle pretese.
Al fine di comprendere se una determinata controversia rientri o meno nella disciplina della mediazione obbligatoria, si ritiene dunque che dovrà farsi riferimento, a prescindere dalla eventuale  qualificazione giuridica indicata dalle parti, ai fatti e alle domande proposte delle parti, e dunque al contenuto sostanziale delle pretese e alla natura delle situazioni dedotte in controversia (3). Dovrà, pertanto, preferirsi un’indagine interpretativa che consideri il piano sostanziale, piuttosto che quello formale e che, ad ogni modo, ponga l’accento sul concreto rapporto dedotto dalle parti.


(*) Il testo riprende parte di quanto esposto in G. Spina, L’obbligatorietà della media-conciliazione ex d.lgs 28/10 nel processo locatizio ex art 447-bis (cap. XIII.b) in E. Bruno, V. Vasapollo (a cura di), Codice delle locazioni, Parte II – Disciplina processuale, Cedam, 2012, 576 e ss.

Si riporta il teso dell’art. 5, primo comma d.lgs. n. 28 del 2010.
Art. 5, comma 1.
“Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.
L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6.
Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni”.

(2) Cfr. dell’art. 16, quarto comma lett. d) d.m. n. 180 del 2010. Si veda d.m. n. 180 del 2010 aggiornato alle modifiche introdotte dal d.m. n. 145 del 2011, in Osservatorio Mediazione Civile n. 4/2011 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(3) Si veda, tra le altre, Cass. n. 900 del 1996, Cass. n. 7941 del 1994 e Cass. n. 9166 del 1994.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 23/2012
(www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com)